Nei suoi romanzi le donne non sono vittime ma carnefici. Come mai ha scelto questa strada in un momento in cui il tema del femminicidio è così presente?

Non userei la parola “carnefici”, ma direi che alcuni uomini sono vittime di bullismo. Non sono tutti uguali e non si può fare di tutte le erbe un fascio. In vita mia ho amato due uomini meritevoli il cui comportamento è stato sempre esemplare, ma anche quando avevo quindici o sedici anni non mi prendevo mai una cotta per il ribelle di turno. Anzi ho lasciato morire alcuni flirt perché avevo a che fare con ragazzi che erano troppo all’antica per me, volevano una moglie e un paio di figli, e io non ero fatta per quella vita. Ma ciò conferma che esistono uomini molto equilibrati e quindi la figura maschile non deve essere demonizzata.


Che significato ha per lei raccontare storie di amori malati in cui la violenza parte dalle donne?

Se parliamo di violenza psicologica, è quel che vedo giornalmente. Donne benestanti che dopo il divorzio vendono i loro patrimoni personali e mandano i soldi all’estero per convincere i giudici che non possiedono nulla e far salire l’assegno di mantenimento? È un classico. Conosco medici che per assecondare le richieste delle ex mogli vivono di prestiti! E ho conosciuto un editore che viveva in auto, non solo, ma non poteva più vedere i suoi bambini in quanto la ex moglie se li era portati in Olanda. Un mio collega musicista sposò un’americana che poi fuggì negli USA col bebè e si rese irreperibile. Un altro mio amico, ottimo padre, è stato falsamente accusato di stupro dalla compagna che voleva solo farlo arrestare e tenersi il bambino. E così via. Mi chiedo come mai i giudici stiano quasi sempre dalla parte delle donne in questi casi, anzi io ho trattato il tema della manipolazione femminile in modo soft, citando solo uomini usati e abbandonati.


Questa scelta è una provocazione o una necessità narrativa?

Per me è un’ ispirazione spontanea, considerando che prima di vedere coi miei occhi il disfacimento di tanti poveri uomini ero cresciuta vedendo i film melodrammatici americani degli anni Cinquanta, costellati dalle donne fatali, dalle dark ladies. E poi non si può scrivere sempre libri sulle donne oppresse. Sì, ne ho scritto uno (Il dono del diavolo) ma era basato su un fatto vero.


Cosa spera che rimanga nel lettore dopo avere letto le sue storie?

Consapevolezza che il bianco non è sempre bianco e il nero non è sempre nero. Esorto le donne a procurarsi l’indipendenza economica, perché una casalinga senza reddito non sa dove andare se scopre di avere un marito violento. Quanto alle ragazzine, dico: non lasciatevi avvicinare dal primo che capita, se non vi piace non siate gentili, non esiste l’obbligo di essere gentili. Al ragazzo che non gradite non dovete dare spiegazioni, anzi dategli il numero di telefono sbagliato. Ma esorto anche gli uomini a stare attenti alle loro scelte. Perché molte donne sono subdole, persino io sono stata manipolata dalla mia migliore amica, che copiò i miei compiti dall’età di 14 anni fino alla laurea e poi sparì senza spiegarmi il perché. Non le servivo più.


Le è mai capitato che qualcuno la accusasse di scarsa sensibilità verso il tema del femminicidio? Se sì, come risponde?

In verità non ho mai affrontato l’argomento. Con chi dovrei parlarne? La maggior parte dei miei amici sono uomini delusi ma non vogliono uccidere nessuno. Tutt’al più sperano che la loro ex moglie venga rapita durante un safari e sparisca, visto che queste mogli viaggiano per tutto il mondo a spese degli ex mariti, mentre quelli non possono permettersi nessuna gita perché sono stati lasciati in mutande. Ma conosco anche uomini che perdonano tutti i torti subìti. Sanno perdonare. Noi donne no, non perdoniamo.