di Lucia De Sanctis
Intervista a Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.
Professor Musacchio, sembra che le modifiche al Codice degli appalti piacciano davvero a pochi, lei cosa ne pensa?
Premetto subito che non ho alcun pregiudizio di natura politica in quello che sto per dire. Non mi piacquero le modifiche fatte a suo tempo dal Governo Conte, non mi piacciono oggi le modifiche apportate dal Governo Meloni. Non sono neanche solo nella mia affermazione. Condividono il mio pensiero, i principali sindacati italiani, Confindustria, gli artigiani, l’Anac (Autorità anticorruzione) e molti studiosi della materia. L’argomento dunque merita il dovuto approfondimento.
Secondo il Ministro Salvini queste modifiche saranno utili per velocizzare il mercato degli appalti pubblici e agevolare la ripresa economica, è realmente così?
Credo che nessuno possa prevedere gli effetti di un fatto che dovrà ancora verificarsi. Nessuno sa se le nuove modifiche potranno sortire gli effetti sperati dal Ministro Salvini oppure no. Sappiamo però che velocizzare e sburocratizzare il mercato pubblico che attende circa 250 miliardi di euro del Pnrr, con le modifiche attuali, significa accettare il rischio di consentire una discrezionalità senza limiti, dove il potere del funzionario responsabile del procedimento sarà quasi assoluto nell’aggiudicazione della gara. La discrezionalità della pubblica amministrazione deve essere sempre bilanciata dalla trasparenza e dall’efficienza. È vero che essa rappresenta un momento imprescindibile dell’attività della pubblica amministrazione, tuttavia, quando questa sovrasta nettamente le altre due, i rischi di corruzione e d’infiltrazioni mafiose sono, di fatto, molto alti.
Il presidente dell’Anac è stato attaccato per aver fatto intendere che nei Sindaci si annidi il virus della corruzione, nel merito, lei cosa pensa?
Che la corruzione si annidi anche nella pubblica amministrazione italiana è un dato di fatto difficilmente confutabile. I Sindaci sono parte di essa così come i pubblici funzionari. Questo, ovviamente, non significa che tutti i Sindaci e tutti i funzionari siano corrotti. Si tratta, come già evidenziato, dell’eccesso di discrezionalità, che istituzionalizza una sorta di “emergenza stabilizzata” rendendola così regola generale per la gestione dei contratti della pubblica amministrazione. Questo accade nel Paese europeo dove c’è il più alto livello di corruzione per cui, a mio avviso, è sicuramente un vulnus non indifferente.
Qual è secondo lei la parte più critica di queste modifiche legislative?
Sicuramente quella che tra i 150 e i 500mila euro di valore, secondo il tipo di gara, abbia determinato la soglia sotto alla quale il funzionario potrà affidare la stessa in conformità a una sua personale (e non rendicontatile!) discrezionalità. Basti pensare che fino a poco fa, la soglia era di 40mila euro e anche in quel frangente avevo individuato una discrasia legata a un alto rischio di alterazione delle gare, proprio per l’utilizzo abnorme dell’affidamento diretto, anche mediante il frazionamento fraudolento degli appalti finalizzato a farli restare con tale modalità sotto-soglia. Con queste norme si correrà il rischio di spacchettare grandi appalti pubblici in “contratti tipo” da assegnare discrezionalmente a chi si voglia. In tal modo si evitano il bando pubblico, la trasparenza nella scelta, la concorrenza tra i partecipanti all’asta, il controllo all’interno di una procedura aperta. Come non è difficile costatare i rischi di corruzione e d’infiltrazioni mafiose in simili situazioni sono molto alti e saranno addirittura “regolarizzati” con una legge ad hoc.
Cosa non la convince in particolare?
Le procedure negoziate senza bando e senza concorrenza sotto-soglia. I subappalti liberi. La revisione dei prezzi. La delega in bianco con l’eccessiva discrezionalità data ai pubblici funzionari. Sono tutti elementi che non solo non mi convincono, ma che ritengo siano il grimaldello ideale per le infiltrazioni mafiose e la corruzione.
Secondo lei quindi c’è un vulnus alla libera concorrenza?
Secondo me sì. Se si nega la libera concorrenza, di fatto, si consente il privilegio, la raccomandazione, la corruzione e le infiltrazioni mafiose quale criterio di selezione di quegli imprenditori che dovrebbero soddisfare i bisogni della collettività e quindi il bene comune. Come giustamente ha rilevato il presidente dell’Anac, i contratti pubblici potranno essere liberamente affidati al parente del funzionario, o a chi ha votato (e fatto votare) il candidato “giusto” nelle ultime elezioni locali. Non c’è bisogno di un mago per predire che in specifici ambienti prevarranno logiche illegali o apparentemente legali. Nella pubblica amministrazione c’è l’onesto, ma purtroppo c’è anche il corrotto. Tutto questo ci porterà alla fine a realizzare l’opera pubblica nei tempi e con le caratteristiche richieste?
Quali possono essere dunque i rischi di questa mancata concorrenza?
Il danno maggiore sarà quello di pagare prezzi altissimi per ottenere beni e servizi scadenti.
In conclusione, queste modifiche agevoleranno mafie e corruzione?
Secondo me sì. Operando in questo modo, a mio parere, s’incoraggiano condotte corruttive, infiltrazioni mafiose, sperperi di denaro pubblico e abusi di potere. Avremo purtroppo tante gare “a partecipazione mafiosa”. Molte saranno addirittura apparentemente legali, ma in realtà nasconderanno il virus mafioso.