Nell'Angelus dopo la Messa per la canonizzazione di cinque nuovi santi (Giovanni Enrico Newman, Giuseppina Vannini, Maria Teresa Chiramel Mankidiyan, Dulce Lopes Pontes, Margarita Bays), papa Francesco ha parlato della guerra nel nord della Siria.

«Il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente. In particolare, all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane.

A tutti gli attori coinvolti e anche alla Comunità Internazionale; per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci».

Un'attenzione, quella del Papa per la Siria, che non è mai venuta meno in questi anni, dove sempre la via al dialogo è stato argomento principale nelle udienze generali, negli incontri, oltre che nelle lettere e nei messaggi inviati ai capi di Stato.

Di fronte alla guerra, la preoccupazione principale di un Papa, e di questo Papa in particolare, è soprattutto l'emergenza umanitaria. Nell'attuale conflitto in Rojava l’Onu ha dichiarato che oltre 130mila persone sono state costrette a lasciare le loro case a Tell Abiad e Ras al Ain.

Molte di loro sono state accolte da famiglie in altre località o in scuole e rifugi collettivi nelle località di Tal Amr, Hasakeh o Raqa.

Ma siamo solo agli inizi. Sempre secondo le Nazioni Unite, infatti, per i prossimi giorni sarebbero intorno alle 400mila le persone che potrebbero aver bisogno di assistenza e protezione.

Intanto, tutti gli ospedali di Ras al Ain e Tell Abiad hanno chiuso già da venerdì scorso e centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza acqua nella zona di Hasakeh, compresi gli 82mila presenti nei campi profughi di Al Hol e Areesha.