Josep Borrell, quello che possiamo indicare come ministro degli Esteri della Commissione Ue, ha avuto modo, in passato, di esprimere pubblicamente la contrarietà dell'Europa al piano di annessione della Cisgiordania, per ora solo annunciato ufficialmente da Netanyahu lo scorso 1 luglio. 

Al momento, però non vi è stato alcun documento ufficiale da parte dell'Ue che elencasse ad Israele le possibili conseguenze sul piano internazionale nel caso metta in atto il piano annunciato.

Così undici ministri degli Esteri dell'Ue hanno inviato una lettera a Borrell perché prepari una risposta ufficiale da inviare a Tel Aviv per riassumere al premier israeliano a che cosa andrebbe incontro nel caso di annessione di parte dei Territori Occupati. 

Una lettera - il cui contenuto è stato rivelato dal quotidiano Haaretz - per sollecitare sulla questione annessione una presa di posizione ufficiale da parte di Borrell, che finora è tardata ad arrivare, considerando che lo spazio di tempo utile per impedirla si sta riducendo. 

"Siamo preoccupati - scrivono i ministri degli esteri a Borrell - che la finestra per scoraggiare l'annessione si stia chiudendo rapidamente. Pertanto vorremmo vedere un documento, redatto in stretta consultazione con la Commissione, che fornisca una panoramica delle relazioni UE-Israele, un'analisi delle conseguenze legali dell'annessione, nonché un elenco di possibili azioni di risposta, che abbiano come conseguenza gli accordi UE-IL in essere".

Per gli undici, tale documento sembra essere l'unico mezzo per costringere Netanyahu a trattare.

Chi sono gli undici Paesi firmatari della lettera, per i quali l'annessione di parte della Cisgiordania violerebbe il diritto internazionale e porrebbe fine a ogni possibilità di una soluzione a due Stati basata sui confini del 1967? 

Francia, Italia, Olanda, Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Svezia, Danimarca, Finlandia, Portogallo e Malta.

La Germania, che si è comunque espressa pubblicamente contro il piano di annessione, non è tra i firmatari, probabilmente solo perché in questo momento il Governo tedesco  dal 1 luglio, ha iniziato il semestre alla presidenza del Consiglio dell'Ue.

Nelle scorse settimane la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Boris Johnson avevano parlato (telefonicamente) con Netanyahu che a tutti e tre aveva risposto che lui vede unicamente il piano Trump come l'unico piano di pace realistico per il Medio Oriente ed è disposto a negoziare con i palestinesi solo sulla base di esso.

L'arroganza mostrata da Netanyahu sul piano internazionale, però, non corrisponde alla realtà che lui e il suo Governo stanno vivendo in questo momento sul piano interno. Oltre al processo in cui è imputato, Netanyahu è sotto i riflettori per le scelte effettuate a seguito della pandemia, con il risultato che il contagio in Israele ha ripreso a crescere più di quanto crescesse in primavera, così come le conseguenze economiche negative come dimostrato dalla protesta di massa che si è tenuta a Tel Aviv contro il piano di ripresa presentato dal Governo, mentre la disoccupazione è ora al 21% (e riguarda circa 850mila persone), dopo aver toccato il 25% a marzo e aprile. Il numero di contagi in Israele è attualmente raddoppiato rispetto alla scorsa primavera, oltrepassando quota 41mila, mentre sono 368 in totale  i decessi.