Da tempo sono convinto che il migliore regista italiano degli ultimi anni sia un turco, Ferzan Özpetek. Studente alla Sapienza e poi all’Accademia Silvio D’Amico, sposato con un italiano, conosce il nostro paese, la sua storia, la sua cultura e la sua lingua come pochi italiani ormai conoscono. Ho avuto la fortuna di incontrarlo e di vederlo dirigere il suo primo film “Bagno turco” a Beyoğlu, il vecchio quartiere di Istanbul dove abitavo. Da allora non ho perso un suo film.
Non tutte le sue opere sono dei capolavori e quest’ultima sicuramente non lo è, ma come tutte le altre ha il grande merito di lasciare alla fine lo spettatore in subbuglio, perduto tra i meandri delle tante letture possibili. Almeno tre le letture di “Napoli velata”.
La prima, la più incerta, è quella tradizionale del film noir. La protagonista, Giovanna Mezzogiorno, una matura, introversa e forse per questo più affascinante medico legale, si ritrova sul tavolo dell’obitorio l’uomo con cui aveva appena passato una palpitante notte d’amore.
La seconda, quella della “città-madre”, Iniziata con “Rosso Istanbul” e perfezionata ora con Napoli. Una Napoli stupendamente descritta, abitata da gente colta e civile e non soltanto da camorristi sanguinari e semi-analfabeti come la filmografia ispirata ai libri di Saviano ci ha abituato a vedere.
La terza, quella più ardimentosa, riprende il mistero spazio-temporale del mito di Orfeo ed Euridice, già affrontato altre volte nella storia del cinema. Il confronto diretto è con “Orfeo negro” di Marcel Camus, con i testi e la musica di Vinicius de Moraes, ambientato nelle favelas di Rio de Janeiro, un capolavoro assoluto e indimenticabile, che metterei tra i cinque film migliori di ogni tempo. Özpetek, per la verità, ce la mette tutta. Inverte il mito con un’Euridice-uomo ed un Orfeo-donna, rivisita in chiave partenopea la scena della maga voodoo, sostituisce gli sfondi corali di Rio con quelli di Napoli, gioca con i passaggi tra l’aldilà e l’al di qua. Insomma, gli va riconosciuto l’onore delle armi.
Il film riesce comunque ad attrarre gli spettatori, non tanto per la bravura e la fisicità di Orfeo-Mezzogiorno e di Euridice-Borghi, quanto per il fascino inalterato e vitale di una Napoli sacra e pagana, della sua gente, dei suoi vicoli formicolanti, delle sue urla, dei suoi dolori e delle sue gioie.
Attendere...
Non sono stati ancora inseriti commenti.
Puoi essere il primo ad esprimere il tuo parere sul contenuto di questo post.
Puoi essere il primo ad esprimere il tuo parere sul contenuto di questo post.