Hamas ha dichiarato concluso l'attuale ciclo di negoziati al Cairo. Secondo quanto riporta la Reuters, il direttore della CIA, William Burns, si recherà a Doha per un incontro di emergenza con il primo ministro del Qatar Mohammed Al Thani, ritenendo che i colloqui in corso siano prossimi ad un punto di rottura. La delegazione di Hamas lascerà il Cairo stasera per consultarsi con la leadership del movimento.
Hamas ha descritto il proprio approccio alle trattative come positivo e responsabile, oltre che determinato nel raggiungere un accordo che soddisfacesse le richieste del popolo palestinese, in modo da arrivare alla fine dell'aggressione, al ritiro dell'esercito israeliano dall’intera Striscia di Gaza, al ritorno degli sfollati, all'aumento nell'ingresso degli aiuti nella Striscia, senza escludere lo scambio di prigionieri detenuti da entrambe le parti in conflitto.
Anche oggi, però, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito il rifiuto di Israele alle richieste di Hamas di porre fine alla guerra in cambio di un accordo sullo scambio di prigionieri, perché ciò consentirebbe al movimento di rimanere al potere e rappresenterebbe così una minaccia per Israele, aggiungendo che il conflitto continuerà fino a quando tutti gli obiettivi non saranno raggiunti.
Naturalmente, nonostante l'impegno del governo Netanyahu nel voler impedire un cessate il fuoco per poter in tal modo continuare l'obiettivo vero dell'invasione su Gaza iniziata con i bombardamenti subito dopo il 7 ottobre, cioè la distruzione di Gaza con lo sfollamento da quell'area della popolazione palestinese residente, media e politici dei democratici Paesi occidentali incolperanno Hamas della ormai quasi certa rottura dei colloqui.
Quello che però è interessante sottolineare è che gli Stati Uniti, nonostante le dichiarazioni di Biden e Blinken, sembra abbiano iniziato a fare finalmente qualcosa di concreto contro il genocida Stato ebraico. Infatti, secondo l'ultima indiscrezione riportata come sempre da Axios (riferita da fonti israeliane), Washington avrebbe sospeso la scorsa settimana una prevista spedizione di forniture militari (munizioni) verso Tel Aviv.
Secondo Axios, questa è la prima volta dal 7 ottobre che gli Stati Uniti bloccano una spedizione di armi destinata all'esercito israeliano, sottolineando che la decisione ha sollevato serie preoccupazioni all’interno del governo Netanyahu. La Casa Bianca, così come il Pentagono, il Dipartimento di Stato e l'ufficio del premier Netanyahu, si è rifiutata di rilasciare qualsiasi commento in proposito, senza però smentire la notizia.
Intanto, il governo Netanyahu, confermando quanto sostenuto da molti commentatori che Israele sarebbe una perla di democrazia, ha sospeso le attività di Al Jazeera nei propri confini, sequestrando le attrezzature e oscurando il segnale della tv qatariota.
Inoltre, approfittando della celebrazione del Giorno della Memoria dell'Olocausto, il presidente israeliano Isaac Herzog ha cercato di giustificare la guerra in corso come risposta dovuta all'attacco del 7 ottobre come difesa all'ennesimo attacco alla "casa" degli ebrei, etichettando come antisemita lo sdegno di chi, in tutto il mondo, sta denunciando il genocidio in atto a Gaza.
Finché la verità storica di quanto accaduto dopo la seconda guerra mondiale non sarà conosciuta dalla maggioranza delle persone in tutto il mondo, i sionisti continueranno a spacciare vittimismo e menzogne a giustificazione dei propri crimini, per di più continuando a insozzare la memoria delle vittime della shoah di cui si fanno scudo. Un vero e proprio scempio, nei confronti del quale gli ebrei - i non sionisti - si dovrebbero indignare e ribellare.