Uno studio internazionale lancia l'allarme: stili di vita poco sani e pandemia hanno frenato i progressi nella longevità. Servono politiche coraggiose per invertire la tendenza.
Negli ultimi decenni, l'aspettativa di vita in Europa ha segnato una crescita costante, ma dal 2011 il trend ha iniziato a rallentare, con un crollo ulteriore durante la pandemia. A rivelarlo è una ricerca dell'University of East Anglia (Uea), pubblicata su The Lancet Public Health, che analizza i dati di 20 Paesi europei, tra cui l'Italia, evidenziando come alimentazione scorretta, sedentarietà, obesità e Covid-19 abbiano contribuito a questa inversione di rotta.
Per l'Italia, i numeri raccontano una storia emblematica. Tra il 1990 e il 2011, l'aspettativa di vita è aumentata di 0,24 anni ogni anno, grazie soprattutto ai progressi nella lotta a tumori e malattie cardiovascolari. Dal 2011 al 2019, però, la crescita ha subito un primo freno (+0,16 anni annui), mentre tra il 2019 e il 2021, durante la pandemia, si è registrata una perdita media annua di 0,36 anni. Un dato che riflette non solo l'impatto diretto del Covid, ma anche l'accumulo di fattori di rischio come ipertensione, colesterolo alto e sovrappeso, non adeguatamente contrastati.
Secondo Nick Steel, ricercatore della Norwich Medical School e autore principale dello studio, il rallentamento pre-pandemico è legato soprattutto all'aumento delle morti per patologie cardiovascolari, mentre il crollo recente è da attribuire al virus. «I trattamenti per pressione e colesterolo non sono bastati a compensare i danni di obesità e diete povere», spiega Steel. «E la pandemia ha esacerbato fragilità già presenti».
Lo studio, basato sul Global Burden of Disease 2021 (che coinvolge 12mila collaboratori in 160 Paesi), sottolinea come i rischi legati a stili di vita insani siano aumentati in quasi tutta Europa. Tra i Paesi analizzati, l'Inghilterra ha registrato il peggior declino, con diete squilibrate e alti tassi di malattie cardiache. Al contrario, Norvegia, Islanda e Danimarca hanno mantenuto performance migliori, grazie a politiche pubbliche mirate.
Nonostante il quadro preoccupante, i ricercatori invitano a non rassegnarsi. «L'aspettativa di vita degli anziani continua a migliorare: significa che non abbiamo ancora raggiunto il limite biologico della longevità», precisa Steel.
La chiave, secondo gli esperti, è investire nella prevenzione fin dalla giovane età: promuovere attività fisica, alimentazione sana e controlli medici accessibili.
John Newton dell'Università di Exeter, coautore dello studio, aggiunge: «Siamo di fronte a un campanello d'allarme, ma anche a un'opportunità. Paesi come la Svezia dimostrano che politiche coraggiose funzionano. Servono iniziative strutturate per ridurre i rischi e costruire sistemi sanitari resilienti».
Il messaggio per i governi è chiaro: occorre agire su più fronti. Dalla tassazione di cibi iperprocessati alla promozione di stili di vita attivi, fino a campagne di sensibilizzazione capillari. Per l'Italia, dove la dieta mediterranea resta un patrimonio da valorizzare, la sfida è riconquistare terreno perduto, trasformando la crisi in un'occasione per ripensare la salute pubblica.
La longevità non è un traguardo scontato, ma il risultato di scelte collettive. E oggi, più che mai, quelle scelte potrebbero fare la differenza tra vivere di più o vivere peggio.