In un'elezione destinata a segnare la storia politica australiana, il premier uscente Anthony Albanese ha ottenuto un nuovo mandato, non accadeva da vent'anni che un primo ministro venisse riconfermato. La vittoria, tanto ampia quanto inimmaginabile solo pochi mesi fa, rappresenta una netta sconfitta per il Partito Liberale guidato da Peter Dutton e un netto rigetto delle influenze politiche riconducibili al presidente americano Donald Trump.

I numeri parlano chiaro: secondo la Commissione elettorale australiana, con il 90% dei voti scrutinati, il Partito Laburista ha ottenuto 80 dei 150 seggi della Camera dei rappresentanti, assicurandosi una maggioranza stabile. L'emittente ABC è andata oltre, stimando fino a 85 seggi per i laburisti, contro i 41 dell'opposizione. Un crollo per Dutton, che ha perso anche il suo storico seggio a Dickson, che rappresentava da oltre vent'anni.

Dutton, ex poliziotto con una linea dura su criminalità e immigrazione, ha ammesso pubblicamente la sconfitta: «Non abbiamo fatto abbastanza bene. Me ne assumo la piena responsabilità». Il suo addio si inserisce in un quadro già visto di recente in Canada, dove i conservatori sono stati travolti dalla crescente avversione per Trump e la sua deriva nazifascista.

Proprio Donald Trump è stato il convitato di pietra nella campagna elettorale australiana. Nonostante non fosse candidato, la sua ombra ha pesato come un macigno sulle sorti dei conservatori. Dutton e i suoi hanno inseguito, più o meno velatamente, modelli ispirati alla destra americana: dallo slogan "Rendiamo l'Australia di nuovo grande", lanciato dalla senatrice liberale Jacinta Price, fino alla proposta di vietare il lavoro da remoto per i dipendenti pubblici.

Gli elettori, però, non hanno gradito. Il "fattore Trump", come lo ha definito il senatore liberale James Paterson, ha avuto un peso decisivo: «In Canada è stato devastante per i conservatori… credo che lo sia stato anche qui». In parole povere, l'Australia non vuole essere l'appendice ideologica di Washington.

Nel suo discorso della vittoria, pronunciato tra abbracci e applausi durante la festa laburista a Sydney, Albanese ha marcato le distanze dal populismo oggi imperante: «Il nostro governo sceglierà la via australiana. Non abbiamo bisogno di copiare nessuno. La nostra ispirazione è nei valori e nella nostra gente». Parole che hanno colpito il cuore degli elettori, stanchi di derive ideologiche importate dall'estero.

Albanese ha anche sottolineato come il risultato rifletta una domanda crescente di equità, giustizia sociale e dialogo: «Abbiamo scelto il coraggio nelle avversità e la gentilezza verso chi ha bisogno».

Un risultato che costituisce una sonora bocciatura per chi ha cercato di americanizzare la politica australiana. Albanese, con sobrietà e fermezza, ha indicato un'altra strada: quella dell'Australia per gli australiani.