Fin dall'inizio si è capito che il secondo duello televisivo fra Donald Trump e Hillary Clinton sarebbe stata un'aspra battaglia. Nessuna stretta di mano fra i due, a stento si sono scambiati un'occhiata, lo sguardo sempre rivolto verso le telecamere.

L'attenzione degli spettatori, quelli in sala e quelli davanti agli schermi, era focalizzata soprattutto su Trump. Tutti erano curiosi di vedere se il candidato repubblicano sarebbe riuscito in qualche modo a riparare i danni provocati nei giorni scorsi dal video con i suoi commenti sessisti e volgari. Tutti il resto passava in secondo piano.

Ancor prima dell'inizio del dibattito, si è capito che la strategia di Trump sarebbe stata quella di un attacco frontale. Ha fatto una conferenza stampa, insieme a tre donne che in passato avevano accusato Bill Clinton di averle molestate o addirittura violentate.


C'era Paula Jones (prima a dx. nella foto), una ex-impiegata dello stato dell'Arkansas, che accusò Bill Clinton di molestie sessuali, vicenda conclusasi con il pagamento di 850 mila dollari da parte dell'accusato, senza che ci fosse ammissione di colpa.

Insieme a lei, Juanita Broaddrick (la seconda da sin.), che sostenne di essere stata violentata in una camera d'albergo da Clinton, che negò attraverso il suo avvocato e non fu mai formalmente accusato.

La terza donna era Kathleen Willey (prima a sin.), un ex-dipendente della Casa Bianca, che aveva detto di essere stata molestata da Bill Clinton nell'ufficio di lui, dopo averlo in un primo momento negato.

Era presente anche una quarta donna, Kathy Shelton (seconda da dx.), vittima di violenza sessuale all'età di 12 anni, nel 1975, e il cui violentatore era stato difeso da Hillary Clinton durante il processo. Non ci sarebbe stato niente di strano, se non esistesse una registrazione in cui la Clinton, ridendo, commenta il fatto che il suo assistito abbia superato perfino il test della macchina della verità, un test di cui lei dice che non si fiderà mai più.

Le vicende sessuali dell'ex-presidente sono state al centro degli interventi di Trump, che è ritornato ripetutamente sull'argomento, sottolineando come, nella storia, non ci sia mai stato un uomo politico che abbia maltrattato le donne come Bill Clinton.

In merito al video dello scandalo, Trump ha definito le sue parole discorsi da spogliatoio dei maschi e si è scusato con la sua famiglia, sostenendo che nessuno ha tanto rispetto per le donne quanto lui.

L'intero dibattito è stata una sorta di guerra psicologica, con i due candidati che si interrompevano a vicenda e commentavano con le espressioni del volto quello che in quel momento stava dicendo l'avversario. Non hanno mancato anche di offendersi a vicenda.

Le risposte di Trump erano sempre un po' raffazzonate, a volte del tutto incomprensibili, ma sul tema delle email riservate del Dipartimento di Stato che la Clinton ha rediretto su un server privato e non sicuro si era preparato bene.

Ha rinfacciato alla sua rivale di non aver consegnato agli inquirenti ben 15 mila delle email in questione e di aver, con la sua leggerezza, causato la morte di molte persone. La Clinton ha naturalmente smentito e si è detta lieta che Trump non sia responsabile della giustizia negli Stati Uniti, "Certo", ha replicato lui, "altrimenti saresti in galera."

Oltre alla vicenda delle email, l'immobiliarista di New York ha accusato la sua avversaria di dipendere dai ricconi del mondo della finanza e di aver fatto un disastro quando ha ricoperto l'incarico di Segretario di Stato. L'ha considerata responsabile della nascita e dell'affermazione dello Stato Islamico.

Sempre in termini di politica estera, Trump ha detto di non essere d'accordo con il suo candidato alla vice-presidenza, Mike Pence, che recentemente si è espresso con durezza nei confronti della Russia.

Hillary Clinton è risultata certamente più concreta e chiara nelle sue risposte, ma si è trovata costretta spesso sulla difensiva dall'aggressività del suo rivale, di fronte al quale ha finito qualche volta per perdere l'autocontrollo.

Forse, si dirà che la candidata democratica è uscita vincente dallo scontro. Ma la vittoria, se di vittoria si può parlare, non è stata certo netta, il che fa sì che non si possa parlare di netta sconfitta per Trump.

Probabilmente l'esito del dibattito non influirà più di tanto sulle intenzioni di voto. La Clinton rimarrà ancora la favorita, come la indicano tutti i sondaggi.

Da parte sua Trump può dire di aver evitato la catastrofe. Forse ora i suoi colleghi di partito smetteranno di rilasciare dichiarazioni in cui si affrettano a prenderne le distanze o a chiederne la rinuncia alla candidatura. Potrà, forse con qualche altro piccolo scandalo lungo la strada, arrivare alla verifica delle urne, il prossimo 8 novembre.