La Corte costituzionale si è espressa sull'ammissibilità del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, sollevato dal Pd in relazione alle modalità di approvazione della legge di Bilancio per il 2019.

Nel comunicare la propria decisione, la Consulta ha riconosciuto la legittimità dei singoli parlamentari nel sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro.

Però la Corte costituzionale ha giudicato il ricorso inammissibile.

Il motivo? A causa della "contrazione dei lavori per l'approvazione del bilancio 2019" che hanno portato il Governo a presentare il ddl al Parlamento a pochi giorni dall'esercizio provvisorio.

Secondo la Consulta, la "contrazione dei lavori è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto, sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali, sia da nuove regole procedimentali."

Quali siano le specifiche esigenze di contesto è facile supporlo, ed è altrettanto facile riassumerlo nella disputa che Di Maio e Salvini hanno creato con la Commissione Ue, salvo poi rendersi conto, all'ultimo momento, che era meglio ritornare sui propri passi con la coda tra le gambe ed accettare quello che già a settembre il loro ministro Tria aveva concordato con Bruxelles.

Sorvolando sulle ultradecennali prassi parlamentari che, presumibilmente, si dovrebbero riferire ai regolamenti delle modalità di presentazione, discussione e approvazione di una legge, resterebbe da chiarire la questione delle "nuove regole procedimentali".

In ogni caso, qualunque siano, non sarebbero certo calate sul lavoro del Governo come una penalità improvvisa e inaspettata degna del Monopoli o di un qualunque altro gioco. Considerate per acquisite le prassi parlamentari che vanno avanti da decenni, non è chiaro perché delle nuove regole dovrebbero autorizzare il Governo a privare il Parlamento di una sua prerogativa costituzionale.

Implicitamente, la Consulta finisce così per giudicare l'attuale Governo come una manica di incompetenti, incapaci e improvvisati che, non avendo dimestichezza con una novità e dovendo prenderne pratica, alla fine hanno combinato un pasticcio.

"Tutti questi fattori - scrive la Consulta - hanno concorso a un'anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei.

In queste circostanze, la Corte non riscontra nelle violazioni denunciate quel livello di manifesta gravità che, solo, potrebbe giustificare il suo intervento."

Quindi, secondo quanto scrive la Consulta, quanto fatto dal Governo è anticostituzionale, anche se stavolta non viene giudicato tale a causa dei motivi sopra elencati.

E che la modalità di approvazione della "manovra del popolo" sia stata anticostituzionale, lo ribadisce la stessa Corte che conclude il proprio comunicato dichiarando che "resta fermo che per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate, altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità ."

Oggi, la Corte costituzionale ha fatto sapere che la mancata applicazione di una norma della Costituzione può considerarsi ammissibile in presenza di cause esterne, fra queste anche l'incapacità di chi non sa valutare le conseguenze delle proprie decisioni.

Un precedente non irrilevante di cui, dopo questa decisione, la Consulta dovrà d'ora in poi tener conto, in relazione a qualsiasi altro tipo di situazione.


Naturalmente, il Movimento 5 Stelle si è ben guardato dallo spiegare ai suoi elettori la motivazione fornita della Corte Costituzionale per giudicare il ricorso del Pd inammissibile, liquidando la vicenda, naturalmente in toni trionfalistici, in questo modo: "La Consulta ha bocciato il ricorso del PD contro la Manovra. Non c'è stata alcuna violazione. Come al solito tanto fango, tante bugie, tanta fuffa mediatica. Ormai siamo abituati."