Ad invitare il ministro Calderoli a prendere atto della realtà, e cioè che il suo ultimo parto legislativo dopo esser stato bocciato dalla Consulta è diventato stretto parente della sua ben nota e defunta "porcata" mascherata da legge elettorale, non sono solo i partiti di opposizione, ma anche le organizzazioni di rappresentanza di categoria che operano in settori dove l'autonomia differenziata ha già fatto e sta facendo innumerevoli danni, come quello della sanità.
Ecco che cosa ha dichiarato al riguardo Anaao Assommed, l'associazione dei medici e dirigenti sanitari italiani:
“La sentenza della Consulta sulle questioni di costituzionalità relative alla legge sull’autonomia differenziata conferma i dubbi e le critiche che Anaao Assomed ha da subito avanzato”, afferma Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed.“La Consulta infatti afferma chiaramente – prosegue Di Silverio - che ogni provvedimento attuativo della Costituzione debba essere ispirato ai principi di solidarietà, cooperazione, unità, oltre che a quella coesione sociale, caposaldo mediatico del partito di maggioranza. E giudica imprescindibile l’intervento del Parlamento nel definire le necessarie motivazioni di ogni trasferimento, sotto il controllo della Consulta stessa per evitare di parcellizzare o differenziare diritti inalienabili come quello della salute.Insomma, la legge 86/2024 è rimandata se non bocciata del tutto e affonda il tentativo delle Regioni che chiedono l’autonomia di gestire pezzi di Stato senza addurre alcuna motivazione, se non l’aneddotica, falsa, di una maggiore efficienza regionale. Come il federalismo in sanità dimostra con il corredo di diseguaglianze che ha prodotto”.“La sentenza inoltre ha ridotto il numero delle materie oggetto di autonomia, chiarito che si possono trasferire funzioni e non intere materie, ribadito che il punto cruciale sono i Leps, difficili da realizzare se rimane quella invarianza di risorse prevista dalla stessa legge. Specialmente nel sistema sanitario che ha visto fallire il primo vero esperimento di federalismo, ovvero la regionalizzazione delle cure. Potenziare il regionalismo in sanità significa rendere l’accesso alle cure, e i loro esiti, funzione del reddito e della residenza, per cui chi risiede in Regioni “forti” e avrà soldi si curerà, gli altri potranno solo aspettare in liste di attesa che ormai si misurano in anni. Sottraendo al diritto alla salute una dimensione nazionale con forti rischi per l’integrazione sociale e la stessa unità del Paese”.“Invece di concentrarsi su come far passare l’idea che tutto sia rimasto invariato, e che la sentenza dia le istruzioni per l’uso dell’autonomia differenziata, – conclude Di Silverio – il Governo farebbe meglio a interrogarsi seriamente sull’effettiva utilità di proseguire su una strada impervia, che fa male al Nord come al Sud moltiplicando il caos amministrativo. E dovrebbe anche abbandonare visioni secessioniste, e anticostituzionali, per intraprendere percorsi di condivisione di obiettivi ed esigenze, in una società che ha bisogno, oggi più di ieri, di maggiore coesione sociale e territoriale e certezza della esigibilità dei diritti”.