"... la Costituzione definisce la Repubblica come «una e indivisibile» (così il medesimo art. 5 Cost.). L'unità e indivisibilità della Repubblica si fondano sul riconoscimento dell'unità del popolo, a cui l'art. 1, secondo comma, Cost. attribuisce la titolarità della sovranità. La Costituzione riconosce e garantisce pienamente il pluralismo politico (artt. 48 e 49 Cost.), sociale (artt. 2, 17, 18, 39, 118, quarto comma, Cost.), culturale (artt. 9, primo comma, 21, 33, primo comma, Cost.), religioso (artt. 8 e 19 Cost.), scolastico (art. 33, terzo comma, Cost.), della sfera economica (art. 41 Cost.). Tuttavia, tale accentuato pluralismo, che si riflette anche sul piano istituzionale (artt. 5 e 114 Cost.), non porta alla evaporazione della nozione unitaria di popolo. La nostra democrazia costituzionale si basa sulla compresenza e sulla dialettica di pluralismo e unità, che può essere mantenuta solamente se le molteplici formazioni politiche e sociali e le singole persone, in cui si articola il “popolo come molteplicità”, convergono su un nucleo di valori condivisi che fanno dell'Italia una comunità politica con una sua identità collettiva. In essa confluiscono la storia e l'appartenenza a una comune civiltà, che si rispecchiano nei principi fondamentali della Costituzione. A tutto ciò si riferisce la stessa Costituzione quando richiama il concetto di “Nazione” (artt. 9, 67 e 98 Cost.).Il popolo e la nazione sono unità non frammentabili. Esiste una sola nazione così come vi è solamente un popolo italiano, senza che siano in alcun modo configurabili dei “popoli regionali” che siano titolari di una porzione di sovranità (sentenza n. 365 del 2007). L'unità del popolo e della nazione postula l'unicità della rappresentanza politica nazionale. Sul piano istituzionale, questa stessa rappresentanza e la conseguenziale cura delle esigenze unitarie sono affidate esclusivamente al Parlamento e in nessun caso possono essere riferite ai consigli regionali (sentenza n. 106 del 2002).Le pur rilevanti modifiche introdotte nel 2001 con la riforma costituzionale del Titolo V non permettono di individuare «una innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti istituzionali che pure tutti compongono l'ordinamento repubblicano, così da rendere omogenea la stessa condizione giuridica di fondo dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali» (sentenza n. 365 del 2007).La ricchezza di interessi e di idee di una società altamente pluralistica come quella italiana non può trovare espressione in una unica sede istituzionale, ma richiede una molteplicità di canali e di sedi in cui trovi voce e dalle quali possa ottenere delle politiche pubbliche, anche differenziate, in risposta alle domande emergenti. Perciò il regionalismo corrisponde ad un'esigenza insopprimibile della nostra società, come si è gradualmente strutturata anche grazie alla Costituzione.Spetta, però, solo al Parlamento il compito di comporre la complessità del pluralismo istituzionale. La tutela delle esigenze unitarie, in una forma di governo che funziona secondo la logica maggioritaria, è espressione dell'indirizzo politico della maggioranza e del Governo, nel rispetto del quadro costituzionale. Tuttavia, la sede parlamentare consente un confronto trasparente con le forze di opposizione e permette di alimentare il dibattito nella sfera pubblica, soprattutto quando si discutono questioni che riguardano la vita di tutti i cittadini. Il Parlamento deve, inoltre, tutelare le esigenze unitarie tendenzialmente stabili, che trascendono la dialettica maggioranza-opposizione.Di conseguenza, la vigente disciplina costituzionale riserva al Parlamento la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie (art. 117, secondo comma, Cost.), e gli affida altresì dei compiti unificanti nei confronti del pluralismo regionale, che si esplicano principalmente attraverso la determinazione dei principi fondamentali nelle materie affidate alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni (art. 117, terzo comma, Cost.), attraverso la competenza statale nelle cosiddette “materie trasversali” e mediante la perequazione finanziaria a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante (art. 119, terzo comma, Cost.)".

Quello sopra riportato è un passaggio delle motivazioni depositate oggi a spiegazione della sentenza con cui la Consulta, quasi un mese fa, ha bocciato la legge sull'Autonomia differenziata scritta da Calderoli con il placet del governo Meloni.

In pratica, la maggioranza pretendeva di far credere che le motivazioni della Corte costituzionale alla bocciatura della legge avrebbero permesso al governo di effettuare le correzioni necessarie, illustrate più o meno come bazzecole, mentre al contrario rafforzano quanto già le opposizioni avevano anticipato già a novembre: le legge Calderoli è completamente da riscrivere... oltretutto non dal governo, ma dal Parlamento.

E quel che è peggio per Meloni e camerati è che la Consulta ha pure dato loro anche una lezione su cosa sia l'unità nazionale.

Nonostante ciò, ecco il paradossale (stralunato?) commento di Roberto Calderoli alle motivazioni fornite dalla Consulta:

"La sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge 86/2024 conferma che la strada intrapresa dal Governo e dal Parlamento per l'attuazione dell'autonomia differenziata è giusta.La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di specifiche disposizioni della legge con una sentenza additiva, che integra direttamente il contenuto della legge e non richiede ulteriori interventi se non per la parte relativa ai Lep.Per quanto riguarda i Lep e relativi costi e fabbisogni standard, infatti, siamo al lavoro per una soluzione da condividere in Parlamento. Per quanto riguarda le funzioni non Lep, riprenderemo il cammino dei negoziati, dando piena attuazione alle prescrizioni della sentenza, a partire dall'applicazione del principio di sussidiarietà.Facciamo tesoro della pronuncia della Corte per completare e migliorare un percorso lungo un terreno inesplorato e mai portato a compimento negli ultimi 23 anni, affinché la Costituzione sia pienamente attuata. Ritengo estremamente positivo il richiamo della Corte alla necessità di dare compiuta e tempestiva attuazione al federalismo fiscale che prevede tra l'altro la determinazione dei Lep entro la fine del 2025 e il funzionamento a regime del fondo perequativo.Sono grato alla Corte di avere sottolineato ancora che l'autonomia differenziata costituisce uno strumento che premia l'efficienza delle amministrazioni, non produce divari territoriali e penalizza l'inefficienza".