Quale sarebbe il significato specificamente cattolico del matrimonio? Porsi questa domanda vuole dire interrogarsi sul dono della misericordia di Dio proprio di questo sacramento. Sappiamo bene che gli sposi sono i ministri del sacramento e al tempo stesso coloro che lo ricevono. Gli sposi, cioè l’uomo e la donna, con una scelta libera, ispirata dall’amore, si legano l’uno all’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza: Io accolgo te come mio sposa - mio sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Le parole appena menzionate formano il consenso nuziale, e cioè il progetto globale di vita, la donazione personale concreta e totale, che include come sua espressione propria la reciproca totale donazione dei corpi. Si tratta della «amorosa e libera iniziativa dell’amore umano, come dell’amore divino, che è referente costante e insostituibile nell’esperienza degli sposi. Da questo riferirsi all’originaria esperienza promana un “orientamento” che dà senso alla vita stessa, senza cui la vita a due è paragonabile a un cammino senza mèta, a un progetto senza esito».[1]

Gli sposi promettono di essere reciprocamente fedeli per tutta la vita, di amarsi e onorarsi, di accogliere con responsabilità i figli che Dio donerà loro e di educarli nella fede cristiana. Il loro stesso consenso nuziale è elevato a sacramento sponsale, e cioè il segno concreto che esprime, contiene e comunica l’amore misericordioso di Cristo per la Chiesa. Il Signore Gesù dà loro lo Spirito Santo, per renderli capaci di amarsi con carità coniugale, partecipando alla loro donazione pasquale. Li consacra come coppia, non più solo come singoli; li chiama ad edificare insieme il regno di Dio, modellando la loro comunione di vita sulla nuova alleanza di Dio-Amore e Misericordia con il suo popolo. «Ogni sposa e sposo, se si lascia educare dal dinamismo dell’amore a due, viene portato insensibilmente, ma efficacemente verso l’atteggiamento della meraviglia e dello stupore, man mano che gli si rivela l’io dell’amore, degli amati».[2] Possiamo dire che solo così il matrimonio cattolico diventa una specifica vocazione alla santità, all’interno della comune vocazione battesimale, ma anche una modalità della sequela di Cristo - Sposo perfetto della Chiesa.

Costatiamo che dal rito sacramentale deriva il vincolo coniugale permanente, e cioè il dono grande e legge nello stesso tempo, alleanza stabile e fonte sempre nuova di misericordia. Esso esige di essere vissuto consapevolmente come amore oblativo, fedele, indissolubile, totale. In altre parole ancora, il vincolo sacramentale ha bisogno di essere vissuto in modo comprensivo di spirito e corpo, però unico ed esclusivamente riservato ai due, fecondo, e cioè aperto al dono dei figli. «In questa luce la fecondità fisica diventa frutto dell’incontro dell’uomo e della donna, secondo il progetto primo e insostituibile di Dio creatore rimarrà sempre un valore di primaria grandezza».[3]

I coniugi, vivendo il vincolo sacramentale da veri battezzati, secondo la loro vocazione sponsale, avranno il desiderio di superare la logica dell’individualismo egoista, dell’autoreferenzialità, del protagonismo e di dedicarsi ciascuno al bene dell’altro. Così la coppia degli sposi penserà prima a offrire la vita piuttosto che a pretendere, anzi non coltiverà eccessive aspettative nei confronti dell’altro, ricordando che solo Dio misericordioso può veramente e pienamente saziare il desiderio di amore. Gli sposi in questo modo potranno comprendere che le nozze umane sono un segno concreto e un anticipo futuro delle nozze eterne con Dio Amore-Misericordia, e che la fedeltà coniugale può diventare come la crocifissione, e cioè può esigere impegno generoso di servizio e di perdono che non si stacca mai dalla “cultura della misericordia”.

Ogni cristiano, però, sa di non essere mai solo a portare la propria croce, sa che il sacramento non dispensa dalla fatica, ma la rende ancora di più sensata e possibile. Infatti, perché il sacramento matrimoniale sia fruttuoso, occorre un cammino spirituale-sponsale di coppia: preghiera, carità, ascolto della parola di Dio, partecipazione all’eucaristia, sincerità, gesti di amore e di attenzione reciproca, dialogo assiduo ecc. ecc. Teniamo presente che la coppia degli sposi cristiani non può rimanere chiusa nel rapporto a due, altrimenti rimarrebbe isolata. Ogni coppia che vive il sacramento sponsale si deve aprire all’accoglienza e all’educazione dei figli, alla vita buona del Vangelo. La coppia, insieme con i figli, si deve aprire alla “nuzializzazione” della Chiesa, e cioè al rapporto con le altre famiglie, con la comunità parrocchiale e con la società civile. Solo così la famiglia cristiana, quella però fondata sul battesimo, sulla cresima e sul sacramento del matrimonio, diventa “immagine bella, concreta, gioiosa, attraente, dolce e tenera della Chiesa che testimonia l’amore misericordioso” e capace di tradurre in esperienza vissuta la sua missione ed essere come una “Chiesa domestica”. Infatti, «già questo fa intuire che esiste un legame profondo, organico, essenziale fra Chiesa domestica, famiglia, e Chiesa grande».[4]

Per poter comprendere l’esistenza del legame profondo della Chiesa, occorre ricordarsi che essa ha conquistato convinzione e certezza del carattere sacramentale del matrimonio lungo la sua storia. Infatti, già san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi esortava a sposarsi «nel Signore», cioè tra battezzati (1 Cor 7,39); e dopo aver intuito che i rapporti tra Gesù Cristo e la Chiesa erano rapporti sponsali, come e più di quelli tra Jahvé ed Israele (cf. 2 Cor 11,2), giunge alla conclusione che l’unione tra gli sposi cristiani si può e si deve considerare come immagine e, più ancora, come partecipazione dell’unione sponsale Cristo-Chiesa (cf. Ef 5,22-32). Tanto è vero che non era ancora affermato in modo esplicito che l’unione coniugale cristiana è un sacramento, ma ciò è ugualmente suggerito, perché vi si dice che i rapporti tra marito e moglie cristiani sono modellati, configurati su quelli sponsali tra Cristo e la Chiesa.[5] «Se questo è vero, allora ne consegue che l’unità del matrimonio sta saldamente fondata sull’unità dell’amore che lega Cristo alla Chiesa, la Chiesa a Cristo; parimenti è indissolubile il rapporto coniugale uomo-donna, come è assolutamente indissolubile il vincolo nuziale che lega Cristo alla Chiesa, la Chiesa a Cristo».[6]

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek

  


[1]C. Ghidelli, Sposi cristiani - riflessioni bibliche su matrimonio e famiglia, ELLEDICI, Torino 1991, p. 45.
[2]Ibidem.
[3]Ibid., p. 115.
[4]R. bonetti, In famiglia la fede fa la differenza, op. cit., p. 44.
[5]Cf. G. Oggioni, Catechesi sul matrimonio e sulla famiglia, Piemme, Segrate 1986, p. 24.
[6]C. Ghidelli, Sposi cristiani - riflessioni bibliche su matrimonio e famiglia, op. cit., p. 86.