La diplomazia britannica è attiva in Europa per trovare uno sbocco al nodo Brexit, a poco più di un mese dalla scadenza. 

Mentre Theresa May prosegue i colloqui con Juncker perché si faccia portavoce con gli altri Stati dell'Ue degli interessi del Regno Unito, gli altri membri del suo esecutivo cercano da una parte di trovare una soluzione alternativa al backstop, e dall'altra provano a capire se esistano le condizioni perché le interpretazioni legali ad esso collegate possano non finire per essere una specie di arma a doppio taglio per i britannici che, nonostante la Brexit, rischierebbero comunque di rimanere vincolati alle scelte dell'Europa, almeno per quanto riguarda gli scambi commerciali e tutto ciò che è ad essi collegato.

Secondo fonti Ue, dalla Gran Bretagna una decisione su un accordo con l'Europa dovrà esser presa entro metà del prossimo mese, altrimenti rimarrebbero solo le possibilità di un'uscita senza accordo o quella di concordare una nuova scadenza, con tutti i problemi che ne potrebbero scaturire, visto che in primavera in tutta Europa si vota per rinnovare il Parlamento di Bruxelles.

Ma la fiducia nella May ormai è ai minimi termini anche tra i parlamentari del suo partito. È di oggi, infatti, la notizia che Theidi Allen, Anna Soubry e Sarah Wollaston hanno lasciato i Conservatori alla Camera dei Comuni, in disaccordo al modo in cui il partito ha gestito la vicenda, condizionato, secondo il loro giudizio, da una corrente di estrema destra che punta ad una "hard Brexit".

Le tre parlamentari si sono unite al nuovo gruppo, in via di formazione, che comprende anche sette transfughi laburisti in rotta con Jeremy Corbyn, sempre a causa della Brexit. Nel nuovo gruppo, da includere anche un parlamentare indipendente, anch'egli ex Labour. Sebbene partendo da posizioni diverse, i membri del nuovo gruppo hanno come obbiettivo quello di chiedere un ulteriore referendum sulla Brexit, facendo così esprimere i britannici sull'argomento una seconda volta.

In base ai sondaggi, l'alto numero di "pentiti" tra i sudditi di sua maestà farebbe ritenere che dopo quel voto non sarebbe più necessaria alcuna trattativa e alcun accordo, perché la Gran Bretagna rimarrebbe sicuramente in Europa.