Articolo di Gabriele Catozzi

Dopo sedici sabati consecutivi nei quali, a Forlì, centinaia di persone manifestano pacificamente in cortei sempre autorizzati, la redazione locale della testata giornalistica “Il Resto del Carlino”, improvvisamente si accorge della ripetuta circostanza, ma solo per segnalare con una falsa comunicazione, che quel giorno (sabato 13 novembre), la manifestazione non ci sarebbe stata.

Errore o malafede nessuno può dirlo, però il dubbio prevale, perché nessuna variazione ai poteri decisionali di chi, di volta in volta, deve valutare la sussistenza di motivi importanti per eventualmente vietare una manifestazione è stata imposta dal Viminale e d’altronde non potrebbe essere che così, a meno che i dispositivi di legge (anche di ordine Costituzionale) non vengano disapplicati, cosa che cambierebbe di fatto il sistema politico-istituzionale italiano.

Sono concetti semplici, che tutti dovrebbero conoscere, ma nella redazione del “Carlino Forlì” non funziona così ed è per questo che un legittimo dubbio sorge.

Nella rettifica che il giorno successivo (14 novembre), lo stesso giornale pubblica (dopo essere stato sollecitato a farlo), insiste con insinuazioni faziose, dichiarando che a Forlì si continua a sfilare ma sottolineando “almeno per il momento”, con una presunzione di lungimiranza che denota malcelato disappunto nei confronti delle stessa manifestazioni, giustificando anche con un presunto disagio dei negozianti, che a causa dei pochi minuti di transito del corteo perderebbero il 30% dell’incasso, circostanza molto difficile da sostenere e ancora di più da credere.

L’arrampicata sugli specchi della redazione forlivese nasconde ancora una volta quello che sta avvenendo in Italia da tempo, ovvero il tentativo di ignorare chi chiede verità, giustizia e informazione libera, al di la degli schieramenti NO VAX o SI VAX, perché fare giornalismo è si informare ma soprattutto è informarsi e nessun giornalista si è mai presentato per ascoltare le relazioni che in queste sedici settimane sono state esposte a fine corteo, nessun Sindaco si è chiesto perché centinaia di cittadini che lui deve comunque rappresentare si mobilitano ogni sabato tramite un importante strumento di democrazia.

Giudicare con etichettature ormai standardizzate, semplicemente valutando che una minoranza non può essere altro che un fastidioso nucleo di persone possibilmente da tacitare, perché disobbedienti al pensiero unico, è un atto che denota quantomeno ignoranza storica, perché la dissidenza, fino a poco tempo fa, era ritenuta l’impulso vitale di ogni ordinamento democratico, ed è grazie alla dissidenza di minoranze, che in passato sono state sconfitte le dittature.

Non potrà essere un cosiddetto “vaccino”, peraltro, come si sta rivelando, con un potere immunizzante molto discutibile, a creare quei conflitti sociali che nella manifesta intenzione del potere mediatico vorrebbero portare a odi e divisioni.

Sarà la verità a riordinare il caos che sta mettendo sempre più in crisi un sistema democratico ottenuto grazie al sacrificio di minoranze di “dissidenti”, nonostante le false comunicazioni di qualche testata giornalistica.