Il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati condivide un articolo del prof. Franco Peretti:

"Nel mese di febbraio 2023 mentre sta concludendosi il decimo anno del suo pontificato, papa Francesco, parlando ai giornalisti di alcune emittenti radio-televisive, ha toccato vari argomenti che vanno dalla sua salute alla guerra in Ucraina, ritornando anche sull’istituto delle dimissioni di un papa. In particolare però mi ha colpito e mi ha fatto riflettere un argomento, quello del celibato.

Prima di entrare nel merito della questione, ritengo – come di solito sono abituato a fare – opportuno fare qualche sottolineatura di carattere generale, sottolineatura che può ben essere la necessaria premessa all’argomento, che desidero sviluppare.

Gli argomenti tabù
Per papa Francesco non esistono argomenti tabù, argomenti cioè che non possono essere oggetto di riflessione. Ci ha infatti abituati a sentirlo parlare di tutto. Del resto nei suoi incontri con la stampa non segue le linee di comportamento dei suoi predecessori e di molti capi di stato o di governo, che sono soliti chiedere in anticipo l’elenco delle domande, precisando magari quelle non gradite.

É abituato a lasciare massima libertà nel chiedere ed è altresì portato a dare le risposte in modo spontaneo, suscitando quasi imbarazzo negli interlocutori. Questo suo modo di fare deriva dalla sua esperienza e dalla sua cultura. Forse troppo spesso si dimentica che papa Francesco è stato allievo prima e poi religioso nella congregazione dei Gesuiti, congregazione che punta in modo particolare alla formazione culturale e sociale dei suoi religiosi.

L’importanza del discernimento
 Nel suo modo di condurre qualsiasi dialogo si avverte quanto papa Bergoglio faccia uso del discernimento, cioè del metodo che prevede nello studio di un argomento, l’esame delle varie teorie, senza preconcetti di nessun tipo, per arrivare, dopo approfondita riflessione, ad una conclusione opportunamente ponderata.

Per alcuni aspetti possono essere considerati presenti in lui due metodi assai interessanti. Il primo è un metodo che io mi permetto di definire “gesuitico”. L’ordine dei Gesuiti, a partire dal suo fondatore, educa i suoi studenti ad esaminare tutte le facce del problema, prima di arrivare ad una conclusione definitiva. La storia del pensiero della Congregazione di San Ignazio, e quindi anche di questo metodo di lavoro intellettuale, è ricca di esempi idonei a dimostrare l’utilizzo di questa impostazione. Del resto questo è stato il modo di procedere di quel grande gesuita del novecento, che è padre Arrupe.

Mi sembra anche interessante aggiungere come papa Francesco, nel suo modo di procedere nelle riflessioni e nelle valutazioni, si ispiri anche alla metodologia di un altro papa, Giovanni XXIII, che spesso, parlando delle sue procedure valutative, confessa di fare molto di frequente ricorso alla “ruminatio”, ossia alla possibilità di tornare più volte sullo stesso argomento in modo da “digerirlo” e quindi trarne i dovuti benefici.

Ho fatto anche questa ulteriore sottolineatura perché, proprio in questi giorni di febbraio, papa Francesco, nell’intervista che citavo all’inizio, ha affrontato uno dei tempi più scottanti ed attuali all’interno della Chiesa Cattolica, quello del celibato sacerdotale.

Il celibato non è un dogma
Il fatto può essere riassunto così. Un giornalista argentino gli pone il problema del celibato sacerdotale. Il pontefice, con la sua tipica calma, afferma subito che sul tema si può discutere. Già questo tipo di risposta è indice di una situazione che per alcuni versi può essere definita fluida, in quanto la domanda non ha già una risposta confezionata e definitiva.

Del resto Francesco ha ben presente tutte le obiezioni e gli interrogativi che sono emersi nel sinodo sull’Amazonia e in altre circostanze: il dibattito infatti è in corso in tante conferenze episcopali. Non solo. Francesco parte anche da un punto che in passato, e non solo in passato, ha suscitato tante riflessioni, scomodando teologi e storici della Chiesa.

Dalle parole del papa si ricava però qualche punto che merita di essere tenuto in conto nei ragionamenti sull’argomento. Innanzitutto il celibato sacerdotale non è un dogma, e quindi per dirla in parole semplici, non è una verità di fede, ma è una prescrizione temporanea. Questa proposizione merita subito una nota di commento. Papa Francesco con questa schematica frase ha dato una risposta a coloro che sostengono che il celibato sia sempre esistito fin dal periodo degli Atti degli Apostoli.

Proprio questa è la tesi, illustrata anche a suo tempo da Vittorio Messori, in base alla quale non è possibile pensare al sacerdote sposato perché, dicono i sostenitori di quest’idea, fin dai primi tempi i sacerdoti non dovevano contrarre matrimonio. Si sa invece che è il concilio di Elvira nei primi anni del IV secolo che impone il celibato ai preti per certi versi questa visione sul celibato rappresenta una forzatura, in quanto viene portata avanti da studiosi e teologi che hanno nella loro premessa culturale una visione che vuole una Chiesa barricata su alcuni valori, i quali vengono ritenuti eterni perché legati ancora ad una visione della tradizione intesa come strumento da invocare per bloccare tutti i cambiamenti. Per costoro cambiare significa commettere un peccato, quasi un sacrilegio.

Francesco invece affronta il problema del celibato con un corretto metodo e con la serenità d’animo di chi non teme di arrivare a conclusioni che possono sembrare contrarie all’opinione corrente o al pensiero di un certo numero di teologi. Va rimarcato questo suo approccio al problema. Per Francesco il celibato non è un dogma e non è neppure un’impostazione destinata a restare immutabile, perché attuata da molti secoli.

Essendo una norma imposta per una serie di circostanze, qualora le circostanze che l’hanno generata dovessero mutare, anche la regola del celibato potrebbe non avere più nessuna ragione d’essere. Questo non vuol dire che il celibato deve essere soppresso. Francesco del resto ha ben presente il dibattito sinodale sull’argomento e sicuramente non ha, in termini categorici, rifiutato di esaminare la questione. Ha sostanzialmente avocato a sé, senza stabilire una data, la risposta, dimostrando anche una certa attenzione per una proposta di soluzione che preveda due strade per i sacerdoti, quella del celibato e quella del matrimonio. Su questi percorsi papa Francesco sta riflettendo.

Una certezza del pontefice è stata espressa: il matrimonio dei sacerdoti non risolve la crisi delle vocazioni. Su questo punto Francesco è stato categorico: la crisi delle vocazioni non è la conseguenza dell’attuale divieto per i preti di sposarsi. Il pontefice ha una precisa conoscenza della realtà delle Chiese orientali. Anche queste soffrono di una grave crisi vocazionale, anche se il matrimonio in diverse chiese cristiane dell’oriente è ammesso.

La crisi vocazionale nella Chiesa di Roma è invece da ricercarsi altrove, perché sono i valori della religione a non essere più avvertiti come riferimenti importanti e soprattutto come punti sui quali fondare la propria vita e di conseguenza fondare la propria vocazione.

Il valore della presenza femminile
Dopo aver manifestato i suoi dubbi e qualche suo convincimento, che può anche portare ad un cambiamento di indirizzo in materia di celibato e matrimonio dai preti, Francesco introduce anche qualche considerazione sul ruolo della donna all’interno della chiesa. Sono valutazioni certamente positive.

Parte sottolineando che, come nella vita, il ruolo della donna è complementare alla funzione dell’uomo, anche nella vita operativa della Chiesa e quindi nell’attività ecclesiastica uomo e donna possono collaborare. Anzi – sostiene Francesco – molte volte la presenza femminile è utile a rendere più efficace l’operato delle strutture nelle quali viene inserita.

Cita tra l’altro a questo proposito alcune presenze femminili idonee a dimostrare questa sua tesi: il lavoro delle donne nei dicasteri ecclesiastici di Roma a livello di responsabilità, il lavoro nel segretariato del sinodo è gestito da una donna.“Le donne – afferma Francesco – hanno un’altra metodologia. Hanno un senso del tempo, dell’attesa, della pazienza diverso dagli uomini”.

A questo proposito viene annunciata una novità. A partire dal prossimo sinodo anche le donne voteranno. Anche questa idea sta a dimostrare che la Chiesa è in cammino. In cammino sinodale".

Fonte ilvaloreitaliano.it