Si è recato sui luoghi del disastro sismico, il Premier Renzi, come fa ogni capo di governo quando accade qualcosa di importante e doloroso.
E come dovrebbe fare - in teoria - ogni buon "padre di famiglia", quando un familiare ha bisogno di aiuto.
Si è recato sui luoghi del disastro, per la prima volta nella storia del suo mandato, obbligato a doversi confrontare con quella che è la vita vera, difficile di ogni italiano, ogni giorno, resa tragica da un fato che insiste nell'accanirsi.
Ha visto con i suoi occhi i cumuli di macerie, i cani cerca persone annusare e scavare, i soccorritori usare anche la mani nude, nella frenetica corsa alla ricerca di qualcuno vivo.
Ha visto la corsa disperata con i feriti tra le braccia, quando qualcuno si trova ancora vivo; e ha visto la disperazione dei parenti, piangere i propri morti.
Ha letto lo smarrimento della gente che si guarda intorno, in quel prendere consapevolezza a poco a poco che nulla è più come prima.
E ha avuto la saggezza, Matteo, di non rilasciare dichiarazioni di sorta.
Davanti a quel dolore, a quella devastazione e disperazione, un pugno diretto allo stomaco lo ha ricevuto anche lui.