Il 26 agosto 2018, nel momento di lasciare questo mondo senza futuro, il commediografo statunitense Neil Simon di certo non poteva immaginare che proprio in quei giorni debuttava in Italia colui che la storia ricorderà come il più sfavillante interprete della sua piéce Fool.

Riprendendo ed attualizzando un racconto popolare russo Simon racconta di un villaggio i cui abitanti, dotati da madre natura di una stupidità sconfinata, appunto la “foolishness”, erano incapaci non solo di guardare al di là del loro naso ma anche di comprendere il significato letterale delle stesse parole che pronunciavano.

Ora, mi sentirei di escludere che per la sua grossolanità un individuo come Matteo Salvini possa aver letto “Fool”, credo, però, che frequentando Luigi Di Maio abba intuito, da marpione scafato quale è, di potersi servire a suo piacimento di quel soggetto che nei racconti popolari sarebbe descritto come lo sciocco del villaggio.

Infatti dal 4 marzo 2018, poche ore dopo la proclamazione dei risultati elettorali, è apparso evidente come Di Maio fosse pervaso da uno stato di delirio furente per una poltrona ministeriale che lo spingeva a fare e dire cose dissennate.

Come un fanciullo felice che scopre Disneyland così Di Maio esultante è ostaggio della fregola del potere ed esibisce quel suo sorriso ebete mentre la terra gli manca sotto i piedi.   

E Salvini scaltramente ha giocato da subito come il gatto con il topo, sicuro che nel governo gialloverde avrebbe potuto spadroneggiare pur essendo socio di minoranza, usando ad libitum quei 222 deputati pentastellati che Di Maio avrebbe messi alla sua mercé.

Le cronache di questi oltre nove mesi dell’esecutivo gialloverde raccontano dello strapotere che Salvini continua ad esercitare decidendo lui cosa il governo debba o non debba fare e  compiacendosi di concedere, di tanto in tanto, qualche zuccherino anche al M5S.      

Ma il vero capolavoro di Salvini è stata l’astuzia con la quale, giorno dopo giorno, ha fatto si che Di Maio rinnegasse, uno dopo l’altro, quegli impegni di programma che dodici mesi fa avevano convinti 11 milioni di elettori a votare per il M5S.

Via libera al TAP, il gasdotto trans-adriatico, rinvio di un anno della riforma della prescrizione, emendamenti leghisti al reddito di cittadinanza, decreto sulla legittima difesa, voto per la immunità di Salvini, sono solo alcuni dei voltafaccia al programma elettorale del M5S  che, per contro, la Lega ha potuto vantare come successi.

La conseguenza è che non solo i sondaggi vanno rilevando, settimana dopo settimana, la vertiginosa avanzata della Lega e l’inarrestabile regresso del M5S, ma dagli Abruzzi alla Sardegna il M5S ha visti dimezzati i consensi ottenuti solo un anno fa.

Ed ora c’è da chiedersi: che ne sarà del TAV ?