Guardando l'evoluzione così imprevista e pericolosa dei fatti, si cominciano a delineare i veri scopi di Putin che, fino a questo momento, sembravano essere avvolti dalla più totale incognita (e questo spiega anche lo shock del mondo intero). Con l'attanagliamento ormai a tappeto, come fatto notare da uno di voi nel titolo di in un altro articolo, di alcune città chiave a est e, di Kiev nel centro del paese alla stregua di una nuova Berlino, si ha l'impressione che Putin voglia spaccare in due il paese, approfittando della naturale configurazione orografica dell'Ucraina, con il fiume Dnepr al centro.
Gli antichi, hanno sempre guardato ai grandi fiumi come confini naturali e strategici tra due entità antagoniste. Pensiamo al Reno per le guerre germaniche descritte da Marco Aurelio o più a est del fiume Elba. Strategici perché un fiume può essere facilmente controllato da una linea di vedette senza dover ricorrere a costose infrastrutture, e il nemico per passare dall'altra parte, deve oltrepassarlo esponendosi. Secondo voi è plausibile?
Secondo voi, potrebbe far parte del piano iniziale o è una svolta strategica imposta dalla tattica di fronte alle difficoltà che i russi stanno incontrando sul terreno ora, e che saranno endemiche nel futuro, data la vastità del territorio e la determinazione del popolo ucraino?
Osservando poi alcune cartine, appare chiaro come strategicamente, l'est sia l'area ricca e produttiva del paese (l'ovest invece è più povero e agricolo) ed è anche quella con la maggioranza russofona più cospicua.
Forse il dittatore, pensa di lasciare l'ovest agli ucraini, mantenendoli però sotto la minaccia di un perenne assoggettamento, in caso di derive (dal suo maledetto punto di vista) antirusse.
C'è però da dire che l'Ucraina è il granaio dell'ex URSS, fin dai tempi della grande carestia degli anni '30, nella quale, non dimentichiamolo, si collettivizzarono le terre ucraine per asservirle alla macchina sovietica dei kolchoz e per appagare il desiderio di vendetta di Stalin nei confronti del popolo ucraino ribelle, provocando milioni di morti di fame. Per i russi, mantenere anche quest'area sotto il suo controllo, significherebbe poter giocare a livello di prezzi, con un altro asset strategico, oltre agli idrocarburi.
Non so cosa ne pensiate, ma ho avuto questa sensazione osservando una delle numerose mappe di analisi strategica compulsivamente spiattellate sulle rete TV. Sono alla disperata ricerca di risposte, come tutti, e vedere la sofferenza di una nazione e la sua gente così perseguitata dalla storia, non mi fa dormire.
Verrebbe persino da sperarlo, se questa spaccatura in due del paese potesse significare salvare subito vite di civili e soldati, garantendo una patria agli esuli disperati che, nel caso contrario, non avrebbero nemmeno un posto dove sognare di tornare.
Sono però anche certo, che gli ucraini, fieri e combattivi come sono, maledirebbero questa ipotesi. Per loro, giustamente, l'Ucraina è una soltanto e il fiume Dnepr, deve rimanere al centro del loro stupendo paese.
Una cosa almeno, credo appaia chiara, l'obiettivo politico immediato di Putin: Far tornare dalla finestra, al comando del paese, colui che venne cacciato a pedate nel c. dalla porta, con le rivolte del 2014 a Kiev: il satrapo sanguinario Janukovyc, evento ben documentato nello sconvolgente film documentario " Winter on fire" disponibile su Netflix. Putin farebbe quello che gli è riuscito finora di fare, ad esempio in Bielorussia con lukascenko e in Tchetchenia con Ramzan Kadirov, instaurando i regimi fantoccio più sanguinari degli ultimi anni. L' infamia Tchetchena fu ben documentata dalla russa Anna Politkovskaja, uccisa anche per questo nel 2006. È grazie a persone come Anna della Novaja Gazeta, e le centinaia di attivisti e giornalisti russi (molti dei quali incarcerati o barbaramente uccisi secondo modalità mafiose), che il mondo fu avvertito già all'epoca del pericolo Putin.
Forse questa volta, però, Putin potrebbe aver fatto molto male i suoi calcoli, è quello che ci auguriamo.
Che Dio aiuti gli ucraini in queste ore buie anche per noi, per la prima volta dopo 80 anni.