La Corte per il Commercio Internazionale ha bloccato i dazi voluti da Trump definendo illegittima l'interpretazione estensiva dell'International Emergency Economic Powers Act utilizzata dal presidente USA. La sentenza afferma che il presidente “ha ecceduto qualsiasi autorità concessa” dalla legge del 1977, che non prevede l'applicazione di dazi ma riguarda principalmente embarghi e sanzioni. Per tale motivo li ha dichiarati incostituzionali.
La Corte per il Commercio Internazionale, con sede a Manhattan, ha stabilito che i dazi decisi da Trump a partire da gennaio, basati sull'International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), devono essere considerati nulli perché la loro applicazione non spetta al presidente. La Costituzione assegna chiaramente al Congresso l'autorità esclusiva in materia di commercio con l'estero.
I giudici sono stati chiari: "Non si tratta di valutare se i dazi siano efficaci o meno, ma del fatto che la legge semplicemente non lo consente".
Con questa decisione, il tribunale ha imposto un'ingiunzione permanente contro gli ordini tariffari generalizzati e ha richiesto all'amministrazione Trump di riformularli entro dieci giorni. La risposta è stata immediata: l'amministrazione ha presentato ricorso, sollevando dubbi sull'autorità stessa della corte.
Il colpo è pesante per Trump: tutti i dazi generali imposti sulla base dell'IEEPA sono stati invalidati con effetto immediato. Restano tuttavia in vigore quelli settoriali (su acciaio, alluminio, auto), in quanto basati su altre leggi.
I mercati hanno accolto con favore la decisione. Il dollaro si è rafforzato, i future di Wall Street sono saliti e le borse asiatiche hanno reagito con un rimbalzo. In Corea del Sud, la banca centrale ha stimato che l'aliquota tariffaria effettiva sulle esportazioni verso gli USA sia scesa dal 13,3% al 9,7% dopo la sentenza.
La sentenza arriva a seguito di due cause legali: una intentata dal Liberty Justice Center per conto di cinque piccole imprese importatrici, l'altra da parte di dodici Stati americani, tra cui l'Oregon. Le aziende, che includono importatori di vini, strumenti musicali e kit educativi, hanno denunciato danni concreti e immediati ai propri affari.
I giudici hanno scritto senza mezzi termini: "Se gli ordini tariffari sono illegittimi nei confronti dei ricorrenti, lo sono nei confronti di tutti".
Almeno altri cinque ricorsi sono attualmente pendenti.
La Casa Bianca, attraverso il portavoce Kush Desai, ha accusato il tribunale di essersi spinto oltre i suoi limiti, affermando che i deficit commerciali costituiscono una "emergenza nazionale" che "ha decimato le comunità americane". Il punto, però, è che dichiarare un'emergenza non autorizza automaticamente l'uso di dazi generalizzati — specialmente se non c'è una minaccia "inusuale e straordinaria" come previsto dall'IEEPA.
La sentenza mina le fondamenta dell'approccio tariffario di Trump, usato come leva per negoziare concessioni con Cina, UE e altri partner. Senza l'arma dei dazi generalizzati, l'amministrazione perde un immediato potere negoziale.
Tuttavia, gli analisti restano cauti. Goldman Sachs ha osservato che l'ordinanza non tocca le tariffe settoriali e lascia aperte altre strade legali per future imposizioni tariffarie, anche se meno rapide.
La sentenza potrà essere impugnata presso la Corte d'appello del circuito federale e, potenzialmente, davanti alla Corte Suprema. Se confermata, sarà un precedente pesante contro l'uso eccessivo dei poteri presidenziali in ambito commerciale.
In sintesi, questa decisione rappresenta uno stop deciso all'unilateralismo tariffario di Trump, riaffermando il ruolo centrale del Congresso nelle politiche commerciali. Ma soprattutto, apre una fase di incertezza per il futuro dei negoziati globali e delle catene di approvvigionamento già provate dalle guerre commerciali degli ultimi anni.