Ma in famiglia lo sanno che siete famosi?
(Stopigro, Twitter)
Alcuni uomini sono nati dopo la morte.
(Friedrich Nietzsche)
N.B. I dati sono sempre riferiti alla vulgata e non li diamo per riscontrati.
Noi solo una cosa vogliamo sapere: ce lo fate apposta? No perché, uno s’è letto e guardato tanta roba, più di quanto volesse o fosse in grado di capire, ma alla fine, sai che c’è, mettiamo la testina sotto la sabbia: perché ci pare che una storia come questa racconti già tutto quello che c’è da conoscere sull’umanità, compresi i segreti che è meglio restino tali.
Non è per nulla scontato che la fama sia preferibile all’anonimato; un poco sì, troppa sembra sconsigliabile.
Non si pensi di trovare qui giudizi tecnici che spettano a sofisticati intenditori, cultori o almeno appassionati di lirica, quali non siamo mai stati; piuttosto, il senso di sopraffazione assoluta che può trasmettere un incubo senza inizio e senza fine. Per noi profani, digiuni, anzi non ancora nati al genere, lei, la “divina”, era quella che cantava “in avanti”, come se la sua voce superasse la velocità del suono
C’è pure questo: chi per caso ha studiato greco tanto tempo fa, come noi, obbligati più che entusiasti, non riesce a pensare al mondo ellenico in termini di attualità, crisi, default o chissà che altro: appena sente uno di quei nomi, si ritrova spinto indietro, all’Iliade e l’Odissea.
Nei primi anni duemila “Il mio grosso grasso matrimonio greco” rinverdì i fasti di quella stirpe antica e orgogliosa, cui dobbiamo la nostra forma mentis, chi lo nega, ma in seguito ascoltammo solo notizie da tregenda e dimenticammo l’Egeo.
Ovviamente abbiamo visitato la Grecia più volte. Erano gli anni ottanta e l’esperienza risultò straniante, come già raccontammo in un precedente articolo: decadenza da una parte, dall’altra l’ostilità verso gli incolpevoli turisti italiani, trasmessa da chi ancora ricordava la nostra invasione.
La storia di Maria è nota e stranota. Nacque a New York nel 1923, da una famiglia del Peloponneso, secondogenita dopo una sorella e un maschio morto piccolissimo che, secondo i biografi tutti, doveva venir sostituito dalla piccola: dunque già alla nascita Anna Maria Cecilia Sofia Kalogeropoulou lasciò delusissima mamma Evangelia. Per questa e forse altre frustrazioni, la signora lasciò il marito Georgios, farmacista, che aveva già modificato il cognome facilitandolo alla pronunzia della nuova terra, per tornarsene in patria con le figliole.
Con le faccende di cittadinanza la futura diva, nata greca, piroettò da quella statunitense, all’italiana per matrimonio, fino a riprendersi l’originaria di nascita.
La passione per il canto viene fatta risalire a cause diverse, perfino un incidente e un sogno, ma di massima si accetta la versione popolare, che non è spiegata in ogni particolare; fatto sta che ritroviamo la ragazza al Conservatorio di Atene, notata per i pregi vocali e gli atteggiamenti, si registrano il rimpiattino con l’invasore tedesco mentre arrivava la notorietà locale e il ritorno negli States, la gente che farà poi a gara per attribuirsi il merito della scoperta, una truffa con un impresario/moroso e chi più ne ha. Il nome del collega Nicola Rossi Lemeni è un punto fermo in questa baraonda. E così, ci togliamo dalle pene di biografi, che già sono troppi.
All’università, quando la frequentavamo noi, c’erano molti greci sedicenti in fuga dal regime dei colonnelli e si diceva, fondatamente, che fossero portati per le lingue. Maria non faceva eccezione, in questo agevolata subito dai suoi spostamenti e attraverso le peripezie internazionali. Le attribuiscono la padronanza di almeno sei idiomi.
Alta 1.72 (per sua dichiarazione televisiva), purtroppo era uno di quei soggetti cui l’altezza porta grassezza e quasi obesità.
Il marito, l’unico che ebbe per circa dieci anni, l’industriale e melomane veronese Giovanni Battista Meneghini detto Titta, nei suoi scritti e qualche intervista raccontò diversi aneddoti. In uno egli sembrerebbe avallare la tesi dell’ingerimento di una tenia, volgarmente verme solitario, parassita allora ritenuto utile a perdere peso, ma la realtà deve essere stata più prosaica, diciamo chimica. Recenti servizi ci informano che i 37 chili in meno l’avevano lasciata flaccida, benché ancor giovane, e il recupero della tonicità fu altrettanto faticoso del dimagrimento. In più, era contrariata dallo spessore delle sue caviglie.
Proprio su Titta ci basiamo per delineare la figura di Maria, non perché lo si ritenga un oracolo, ma per uscire, in parte, dal girone infernale delle testimonianze legate all’ambiente d’opera, ai film, ai rotocalchi. Ci rendiamo conto che un marito mollato, per giunta davanti agli occhi del mondo, cova dei risentimenti, ma serbiamo l’impressione che in questo particolare caso residuasse sì, molta amarezza, ma mai desiderio di vendetta.
Giovanni Battista era nato nel 1896, dunque arrivò all’incontro con lei maturotto e “scapolone”, come allora si diceva; risulta pacifico che la sua conservatrice famiglia veneta osteggiasse il matrimonio, avvenuto quasi clandestinamente nel 1949. In particolare il fratello di lui aveva il dente avvelenato con la cognata. Un giorno che la poveretta, ancora oversize, inciampò in sua presenza, ebbe a commentare in dialetto “ è una tale buona a nulla che non riesce nemmeno a camminare”.
Certo è che la giovane e complessata Callas in Italia, dopo i primi entusiasmi, era sull’orlo del baratro e Titta la salvò, appoggiandone la carriera, di talché si è sentito dire spesso che l’unione fosse più d’interesse che d’amore: voci che Meneghini, scomparso nel 1981, quatto anni dopo l’amata, respingeva con fermezza, producendo “pezze d’appoggio” di tutto rispetto, come le lettere in cui la moglie dichiarava di desiderare ardentemente un figlio. Una volta, all’arrivo del ciclo, scrisse amareggiata al coniuge “anche questa volta (le mestruazioni) mi hanno fatta secca”.
Evidentemente gli errori nella gestione di una simile carriera non saranno mancati. Dal putiferio di contributi arrivati a noi, tiriamo una timida conclusione, latamente intesa: comandare è meglio che f.ttere, come dicono i napoletani. Quando la prima preoccupazione è la gloria, unita al guadagno bramato per sé, ma a cui si è soggiogati su pressione altrui, il resto passa in infimo piano e anche l’amore, se c’è, si nasconde, spaventato.
Il mecenate nega anche recisamente i cattivi rapporti tra sua moglie ed Evangelia, a suo dire ricuciti (anche a dispetto delle dichiarazioni dell’interessata). Ovviamente appassionata è la difesa della professionalità di lei e del suo controverso temperamento. Una primadonna non è tale se non è bizzosa e imperiosa, ma nel caso di specie qualche dubbio sulla irreprensibilità della soprano nel suo lavoro, è sorto e mai del tutto sedato.
L’interruzione della “Norma” all’opera di Roma, nel 1958, davanti al presidente della repubblica Giovanni Gronchi, nasconde qualche vendetta trasversale che solo i superesperti di intelligence operistica possono conoscere, ammesso ve ne siano ancora in vita. Stava male, sostengono i suoi paladini, e invocò la sostituta. La Callas pensava di poter essere sostituita, come una qualsiasi ugola di provincia? Casomai, non avrebbe dovuto nemmeno iniziare, ma chissà, avrà avuto le sue buone ragioni. La rivale storica, Renata Tebaldi l’avrebbe fatto? Non siamo tebaldiani, ma…