Molti conoscitori del taoismo ricorderanno il sogno di Chuang Tzu, che dopo aver sognato di essere una farfalla si chiese, una volta sveglio, se fosse stato l'uomo a sognare la farfalla o la farfalla l'uomo.

La carpa del sogno di Giovanni Mariotti, autore nel 2003 per Adelphi di La Storia di Matilde che Pietro Citati definì il più bel romanzo italiano degli ultimi 20 anni, si inserisce in questo filone spirituale e - non meno importante da ricordare  - in una vicenda editoriale di primo piano: quella della Franco Maria Ricci.

Col suo destino ai margini, extrasociale, Kogi  - monaco, eremita, pittore di pesci e anche pesce, sia pure per il tempo di una reincarnazione breve e con diritto di recesso - ripropone in modo nuovo l'antica, abbandonata Via dei solitari, dei rinuncianti. Gli basta pensare "Kogi soffre" invece di "Soffro" per soffrire di meno; con la grammatica impedisce al mondo di ferirlo e, se anche, vulnerabile com'è, il mondo lo ferisce, non si tratta di ferite mortali.

Correndo sul crinale tra sogni e realtà, reincarnazioni e metamorfosi, il suo tortuoso cammino lo porterà a imparare l'arte di vivere ai margini, senza dare troppa importanza alle cose.

Ormai libero dalla vanità, dall'ira, dal timoroso bisogno di essere giudicato per quello che è e dal desiderio di essere altro, conoscerà le semplici gioie naturali, che non dipendono né dagli Dei né dagli uomini.