L'ala armata di Hamas ha dichiarato di aver deciso di ritardare il secondo rilascio dei prigionieri israeliani, concordato anche per sabato alle 16 ora locale, fino a quando Israele non rispetterà le condizioni pattuite, tra cui l'impegno a far entrare i camion di aiuti nel nord di Gaza.

Il Qatar, dove i mediatori hanno una linea diretta sia con Israele che con Hamas, cerca di risolvere il problema nel più breve tempo possibile. Anche l'Egitto è coinvolto nel cercare una soluzione.

Israele, da parte sua, ha dichiarato di rispettare la tregua, affermando che 50 camion di aiuti con cibo, acqua, attrezzature di vario genere e forniture mediche erano stati inviati nel nord di Gaza sotto la supervisione dell'ONU, la prima consegna significativa di aiuti nella parte settentrionale della Striscia dall'inizio della guerra.

La dichiarazione delle Brigate al-Qassam ha infranto le speranze dei parenti dei 13  israeliani, tra donne e bambini, in attesa di riunirsi ai propri familiari. Idem per quanto riguarda i 39 prigionieri palestinesi detenuti dallo Stato ebraico.

Inoltre, le Brigate al-Qassam hanno detto che Israele non stava rispettando i termini dell'accordo anche per quanto riguarda il rilascio dei prigionieri palestinesi. Qadura Fares, il commissario palestinese per i detenuti, ha detto che Israele non aveva rilasciato i prigionieri in base all'anzianità, come ci si aspettava.

Il portavoce dell'esercito israeliano Olivier Rafowicz ha affermato che Israele stava rispettando rigorosamente i termini della tregua e che l'esercito, sabato, non aveva effettuato attacchi o operazioni offensive a Gaza.

"C'è un ritardo nel rilascio degli ostaggi. Non voglio in alcun modo commentare quello che dice l'ala armata del gruppo terroristico Hamas", ha detto Rafowicz alla franceseBFM TV. "Questa situazione è ovviamente gestita al livello più alto in Israele".

Prima della dichiarazione delle Brigate al-Qassam, l'Egitto aveva fatto sapere di aver ricevuto "segnali positivi" da entrambe le parti su una possibile estensione della tregua.


Non c'è tregua, però, in Cisgiordania, dove questo sabato  due palestinesi sono stati uccisi e altri quattro feriti dall'esercito di occupazione israeliano, nell'ennesimo attacco a Jenin.

Fonti della sicurezza palestinese hanno dichiarato all'agenzia di stampa WAFA che l'esercito israeliano ha preso d'assalto Jenin sparando indiscriminatamente, scatenando così la reazione delle milizie locali. L'uso di proiettili veri da parte delle forze armate dello Stato ebraico ha provocato l'uccisione di due giovani palestinesi, Ammar Abu al-Wafa, 21 anni, e Ahmad Abu al-Heja, 20 anni, mentre è grave uno dei quattro feriti.

Le forze d'invasione hanno circondato anche l'ospedale governativo di Jenin e la sede della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS), nonché l'ospedale Ibn Sina, bloccando temporaneamente l'accesso a queste strutture.

Secondo quanto riferiscono fonti locali, i cecchini si sarebbero posizionati sui tetti di alcuni edifici della città e nelle vicinanze del campo profughi.

Ci sono state anche segnalazioni di un aumento dei voli di ricognizione da parte di droni israeliani sulla città, aumentando la preoccupazione nella popolazione locale.

Questo attacco fa seguito a numerosi altri attacchi avvenuti in altre località della Cisgiordania occupata.

Nuove manifestazione pro Palestina anche questo sabato. Oltre che a Londra, dove migliaia di persone hanno marciato da Marble Arch, nella zona ovest di Londra, verso Piccadilly, nel centro della città, le persone hanno sfilato anche a Berlino e Parigi, dove in precedenza proteste di questo tipo erano state vietate. 


Aggiornamento

In tarda serata, Majed al-Ansari, portavoce del Ministero degli Affari Esteri del Qatar, ha confermato che 13 israeliani (6 donne e 7 minori) e 4 cittadini stranieri sono stati consegnati alla Croce Rossa. Al Ansari ha detto che erano diretti al valico di frontiera di Rafah.

Anche l'esercito israeliano ha poi confermato che Hamas aveva consegnato i prigionieri alla Croce Rossa. Le persone rilasciate saranno portate in una base aerea nel sud di Israele, da dove verranno poi trasportate in diversi ospedali di Tel Aviv per ulteriori controlli medici e psicologici.