A seguito dell’ennesimo naufragio nel mediterraneo, con numerosi morti annegati e dispersi occorrerebbe che ricordassimo, se è sopravvissuta in noi un pizzico di umanità, che questi fenomeni accompagnano la condizione umana da sempre. Dubito che una elaborazione verrà fatta (almeno non nei media di massa), perché l’occidente è in piena decadenza morale, culturale e filosofica e nella più perniciosa delle congiunture “astrali”: quella pandemica e quella economico-sociale. Una specie di tempesta perfetta.
Non si approfondisce nemmeno più l’argomento, non si va alla radice umana e geografiche di queste tragedie. Si inscena il pietismo didascalico delle prime pagine dei giornali, che mostrano corpi che galleggiano, senza mediazione alcuna, togliendo anche (culmine di tutto lo sprezzo verso le vite degli altri) l’ultimo attimo di pietà verso queste persone, il diritto alla non esposizione del proprio corpo. Viene deliberatamente violata la sacralità di un corpo, che non si può difendere perché non può rispondere, come fosse la normale evoluzione della specie o peggio uno degli accettabili effetti collaterali del bugiardino mondialista.
Si perché ormai solo le immagini “igienicamente perfette” contano (dal punto di vista dei flussi digitali e mediatici). Il testo è divenuto un fastidioso orpello del copia & incolla frattale dei social di massa. E poi, ecco la trappola preferita dalla decadenza: non si ha comunque più voglia di leggere (il tempo è più spesso una scusa) tutto ciò che esula dal trittico analfabeta delle frasi fatte.
Quante volte vediamo la propaganda populista affermare che i continui arrivi di stranieri sulle sponde “nord” del mediterraneo siano un flagello quale l’umanità non ha mai conosciuto? Anziché cercare di capire il fenomeno con serietà, umanità e attenzione, cavalcano l’onda dell’insofferenza gonfiando la pancia dei consensi e svuotando quella delle coscienze.
La verità è che l’umanità, e lo sanno anche i sassi, non è nuova a questi fenomeni di massa. Sono fenomeni incontrollabili e inevitabili, perché da sempre alimentati dalle sorgenti infette di guerre, regimi tirannici, fame, carestie e mutamenti climatici. Solo che sono oggi gonfiati dai torrenti dall’instabilità geopolitica mondiale e gli sconvolgimenti ambientali.
Accadde comunque più di una volta in passato anche in quello recente:
Ci siamo forse dimenticati che tra gli immigrati europei in America all’inizio del XX secolo vi erano anche milioni di Italiani? In Argentina all’epoca, gli abitanti dalle origini europee antecedenti, parlavano di arrivi insopportabili e ingestibili. Eppure 100 anni dopo, quei barbari produssero persone come Bergoglio! E i nostri immigrati a New-York, sempre a quell’epoca? Qualcuno si spinse a definirli, brutti, sporchi e fannulloni e si disse che erano troppo bianchi per essere neri, ma troppo neri per essere bianchi.
E gli irlandesi che emigrarono in massa per una semplice muffa della patata (l'alimentazione di un'intera isola poggiava sul prezioso pomo di terra) che pregiudicò i raccolti per tre stagioni, riducendo alla morte per fame un terzo della popolazione?
Andiamo a vedere, solo per fare un esempio, quello che succede oggi nel Sahel, dove tutto sta morendo per siccità mai viste prima persino lì (grazie anche al surriscaldamento di cui siamo in gran parte responsabili noi!). Sono così violente e lunghe quelle siccità, da non permettere nemmeno più la pastorizia sussistenziale! Pensiamoci la prossima volta che vediamo barconi sul mare.
Non facciamoci ingannare da coloro che ci dicono che gli immigrati italiani fossero comunque europei in un continente (Americhe) dove altri europei di ondate precedenti erano già lì. Sempre secondo loro, quelli che arrivano oggi da noi dall'Africa, non c'entrerebbero nulla con la nostra cultura. Ma "nulla è ciò che sembra", citando una celebre frase di Al Pacino (figlio di migranti anche lui) in un film. La verità è che all'ini zio del novecento, non c'era nulla di più distante dal punto di vista culturale e filosofico di un italiano mentalità di cattolica, di cultura latifondistica e analfabeta, da un americano bianco, di origine anglo-sassone, di mentalità luterano-calvinista e cultura dell'autodeterminazione, nulla!
A dispetto di ogni evidenza storica, si ripetono queste falsità a intervalli regolari, a ritmo di mal di pancia sempre crescenti. Sicuramente tra quei migranti di inizio 900 ci sarà stato anche qualche antenato di Salvini, non credete?
Perché, abbiamo deciso di sotterrare sotto il giardino velenoso dell’amnesia collettiva fatti che hanno riguardato anche noi, i nostri nonni? E chi non ricorda, in tempi ancora più recenti i Boat People del sud est asiatico e gli albanesi sulle coste adriatiche per citarne solo due più recenti.
Immagine di immigrati italiani a Ellis Island (New-York) nel 1902. Fonte Wikipedia
Andando molto indietro, intorno al 1.200 A.C. ad esempio (si avete capito bene 3.200 anni fa!), ripetute invasioni dei c.d. popoli del mare provocarono, assieme ad altri fattori (climatici e tellurici), il crollo definitivo di civiltà come la micenea (le cui gesta furono cantate da Omero quattro secoli dopo). Come oggi, si trattava di continui arrivi. Sommati nel corso dei decenni, finirono per destabilizzare l’intero assetto politico del mediterraneo di allora, scatenando conflitti e rallentando fino a fermarle intere economie basate sul commercio e su un preciso equilibrio demografico.
La Grecia antica, fulcro di civiltà come quella minoica e quella micenea, si inabissò in un periodo lungo 4 secoli che gli storici definiscono (forse un po’ ingenerosamente ma anche per necessità di semplificazione narrativa) l’epoca buia dell’antichità.
Cito solo alcune testimonianze sull’argomento:
Nella seconda metà del XIII sec. a.C., infatti, tutta l’Europa fu interessata da grandi movimenti migratori, dovuti forse alla pressione di nomadi provenienti dal nord (è un dato accertato, infatti, che a quell’epoca dei bruschi cambiamenti climatici spinsero intere popolazioni a spostarsi).
In questo periodo, a causa sia della spinta delle genti del nord che dei periodi di carestia che si verificarono, nonché a seguito della inondazione che devastò la Sardegna costringendo una parte della popolazione autoctona (gli Šardana) a migrare, il Mediterraneo fu sconvolto dalle invasioni di una coalizione di predoni guerrieri noti come «Popoli del Mare».
I Popoli del Mare ④ invasero la penisola ellenica, già indebolita da guerre intestine, e cancellarono la civiltà degli Achei (risparmiando solo Atene); quindi, proseguirono verso l’Asia Minore, saccheggiando forse per l’ennesima volta la città di Troia.
In Asia Minore ai Popoli del Mare si aggiunsero anche una massa di profughi che avevano abbandonato le loro terre a causa delle precedenti invasioni e che le fonti chiamarono Danuna (Danai), Akawasa (Achei) e Tjeker (Teucri).
Essi devastarono l’Anatolia, distruggendo l’impero Ittita, la Siria e Cipro e vennero fermati solamente dal faraone d’Egitto Ramsete III.
Il fatto che varie civiltà, tra cui la civiltà Ittita, Micenea e il regno dei Mitanni, scomparvero contemporaneamente attorno al 1175 a.C. ha fatto teorizzare agli studiosi che ciò fu causato dalle invasioni dei Popoli del Mare. I resoconti di Ramses sulle razzie dei Popoli del Mare nel mediterraneo orientale sono confermati dalla distruzione di Hatti, Ugarit, Ashkelon e Hazor. È da notare che queste invasioni non erano soltanto delle operazioni militari ma erano accompagnate da grandi movimenti di popolazioni per terra e mare, alla continua ricerca di nuove terre in cui insediarsi (FONTE WIKIPEDIA).
Iscrizione di Medinet Habu - Ramesse III vittorioso sui Popoli del Mare.Fonte Wikipedia
Anche all'epoca esisteva la propaganda, come risulta evidente da alcune iscrizioni. Era quella egiziana dei faraoni, che avevano interesse a dipingere i popoli del mare come pericolosi predoni quando è certo che furono gli egiziani stessi a servirsene per secoli ai loro scopi, ed è altrettanto probabile che sotto il termine generico di popoli del mare ci fosse una gran maggioranza di genti in cerca nuove terre in cui insediarsi.
E cosa potemmo dire delle diaspore bibliche di tribù germaniche del V e VI secolo in tarda età imperiale? Videro i cittadini dell’impero attoniti e impotenti di fronte alle chilometriche carovane di profughi provenienti da Reno e Vistola. I cronisti dell’epoca scrissero rassegnati di ineluttabilità del fenomeno. Essi provarono probabilmente le nostre stesse paure, ma senza mediazione alcuna della politica e della comunicazione di cui possiamo godere oggi. Per questo possiamo dire che si dimostrarono molto più coraggiosi di noi e anche più saggi.
Oggi ci troviamo in un contesto molto diverso. Ma per molti aspetti simile. Potremmo evitare il disastro, semplicemente affrontando il problema grazie alle nostre conoscenze, alla tecnologia, alla cultura e alla responsabilità, nella consapevolezza che il fenomeno non si può arrestare ed è nell'ordine fisiologico del rimescolamento dei popoli.
Chi fugge dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni o anche solo per cercare una vita migliore (come fanno i più giovani tra gli immigrati) non vuole sentire ragione: se non quella dell’arrivare al domani a qualunque costo.
Lo dimostra il fatto che le ondate successive, malgrado siano pienamente consapevoli che quelle che le hanno precedute abbiano avuto tragici epiloghi, affrontano lo stesso il periglioso viaggio. Possiamo combatterli, come fecero gli egizi con i popoli del mare, subirli, come fecero in molte aree devastate dell’Egeo, o cercare di condividere con loro la crisi epocale che affrontiamo, tutti! L’Egeo, dopo quegli sconvolgimenti, ci mise ben 500 anni per rifiorire nella Grecia classica del V e IV secolo, ma lo fece.
Credo, urga mettere a tacere i pericolosi demiurgi delle facili ricette e coloro che lanciano manifesti sullo scontro di civiltà economica e religiosa. Quale civiltà poi, quella europea, che ha escluso i valori cristiani dalla sua costituzione perché se ne vergognava? Dietro il presunto scontro di civiltà si nasconde solo la civiltà dello sconto: compro a prezzi sempre più bassi ma non mi interessa sapere il perché?
Per concludere, non si vuole negare che questo fenomeno finirà per destabilizzare (a breve e medio termine) l’intero mediterraneo e l’Europa. E non si vuole nemmeno fare come una parte della sinistra demagogica che minimizza il problema finché non se lo ritrova in giardino. Ma si desidera stabilire una volta per tutte che, per superare la dolorosa contingenza emergenziale, occorre usare le armi del soccorso caritatevole prima. Poi, cercare soluzioni e non viceversa come avviene nei parlamenti europei. Politiche che consentano di assorbire le nuove popolazioni (portatrici non solo di crisi ma anche di pace e nuove idee). Ma prima bisogna salvare le persone. Alla politica spetta invece la gestione della crisi nel suo complesso e sul domani. Solo così, la mondializzazione potrebbe uscire dal suo vocabolario fatto solo di accezioni negative e far entrare la comunità mondiale in una fase nuova.
Ma quel che resta del giorno, per citare un grande film, è quella foto usa e getta nella discarica mediatica, di un corpo galleggiante ridotto a simulacro della misericordia umana, spogliato di tutte le forme elementari di dignità e intimità.