Il 2024 non ha lasciato spazio ai dubbi: i mari si stanno scaldando a una velocità che la natura non riesce ad assorbire. Il Mediterraneo ha toccato una temperatura media annuale record di 21,16 °C, spingendosi ben oltre ogni valore degli ultimi 43 anni. Sulla scala globale, l’aria ha superato di 1,5 °C i livelli pre‑industriali. È un doppio campanello d’allarme che non possiamo permetterci di ignorare.
Ondate di calore subacquee: un fenomeno ormai normale
Nelle 12 aree di studio del progetto Mare Caldo – 11 delle quali all’interno di Aree Marine Protette (AMP) – il bollettino è lo stesso ovunque: ondate di calore ripetute in estate e persino in inverno, con picchi superiori di oltre 2,5 °C rispetto alla media climatologica.
- Isola dell’Asinara (Sardegna): 14 ondate di calore superficiali.
- Portofino e Cinque Terre (Liguria): 6 eventi ciascuna; alle Cinque Terre spicca un’anomalia di +3,65 °C.
Gli “hotspot” termici si spingono fino a 40 m di profondità in diversi siti (Asinara, Elba, Tavolara, Plemmirio).
Se il mare impiega mesi per raffreddarsi, tutti gli organismi che dipendono da un intervallo termico ristretto restano in apnea, in senso quasi letterale.
Biodiversità al collasso: gorgonie necrotiche e invasori tropicali
Le gorgonie Eunicella cavolini e Paramuricea clavata sono le prime vittime: necrosi e mortalità diffuse. A Portofino, il 94 % delle colonie di P. clavata a 25 m è gravemente danneggiato; mucillagine fino all’80 % delle colonie. Sulla stessa linea, il corallo mediterraneo Cladocora caespitosa sbianca a Tavolara e Ventotene.
Intanto avanzano le specie termofile e aliene:
- Alga Caulerpa cylindracea – già la più abbondante tra le invasive.
- Pesce pappagallo (Sparisoma cretense), barracuda mediterraneo (Sphyraena viridensis) e donzella pavonina (Thalassoma pavo) diventano presenze fisse.
Chi chiede ancora prove dei cambiamenti in corso, guardi questi dati e tragga le conseguenze.
Aree Marine Protette: scudo parziale, non panacea
Il confronto su cinque anni di monitoraggi è netto:
- Capo Carbonara (Sardegna) conserva lo stato ecologico migliore, grazie alla protezione.
- Isola d’Elba – l’unico sito non protetto – mostra invece uno stato “scarso”, certificando il ruolo essenziale delle AMP.
Protezione, però, non significa immunità: l’acqua calda non rispetta confini amministrativi.
La scienza parla chiaro, occorre agire in fretta
«Valori così elevati non si erano mai registrati nel Mediterraneo. Se non allarghiamo la rete di aree protette e non tagliamo in fretta le emissioni di gas serra, rischiamo di perdere un patrimonio di biodiversità unico al mondo», avverte Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.«Gli impatti sono evidenti a tutte le latitudini e livelli di conservazione», rincara Monica Montefalcone, ecologa dell’Università di Genova.
Non è il momento di consolazioni o mezze parole: il Mediterraneo è entrato in un regime climatico che non gli appartiene. Senza tagli drastici alle emissioni, espansione rapida delle AMP e piani di adattamento locali (dalla pesca ai piani di gestione della fascia costiera), l’inversione di rotta diventerà impossibile.
Il 2024 va archiviato come l’anno in cui il mare ha mandato un messaggio inequivocabile. Sta a noi decidere se ascoltarlo o rimandare ancora, giocando con la temperatura di un pianeta che ha già superato il punto di ebollizione morale.