"A France', c'è mi sorella che te vole parla'.""Prondo... Aj ordini, su' Eccelenza!""E nun fa' er paraculo. Te volevo da' di' che c'è bisogno che tu dichi du' fregnacce. ... Sì 'o so... le dici de tuo... sempre. Ma se 'a prossima vorta che te fanno parla' 'n pubblico ce metti un po' più d'empegno... è mejo. Qui dovemo da fa scorda' er pienne ere enne o come cazzo se chiama... Quindi, più grosse 'e dici, mejo è"."Saluto al duce!""Sì... va bbe'..."
E così il ministro di Agricoltura e Sovranità alimentare [roba da matti, ndr], Francesco Lollobrigida, nel corso del suo intervento a Veronafiere, in occasione della cerimonia di inaugurazione della 55esima edizione di Vinitaly, dichiara:
"In Italia c'è bisogno di immigrazione legale per dare supporto ad alcuni settori, e il primo nemico dell'immigrazione legale è quella clandestina. Bisogna dare la possibilità alle persone di scegliere se emigrare, non devono essere costretti a farlo rischiando la pelle".
Pausa...
"Pronto, amo'... che dice tu' sorella? So' annato bbene? None??? Devo da di' de ppiù? Vabbe'..."
Di nuovo rivolto alla platea:
"I nostri imprenditori agricoli hanno bisogno di manodopera esterna laddove manchi quella interna. ... Questo va in parallelo al fatto di mettere chi può lavorare nelle condizioni di capire che non è svilente lavorare nell'agricoltura e nell'allevamento: lo dico a tutti quelli che pensano di poter stare sul divano e ricevere il reddito di cittadinanza perché il lavoro fatto nei campi è un lavoro indegno. Chi non vuole andare a lavorare, non può andare a gravare sulle spalle degli altri".
Le uscite quotidiane di esponenti del governo e della maggioranza, come quest'ultima "puttanata" del ministro cognato di Giorgia Meloni, sono una evidente arma di distrazione di massa per evitare alla sora premiere di dover rispondere sulle inadempienze del suo governo.
Ed ecco così le dichiarazioni di Ignazio La Russa sulla strage delle Fosse Ardeatine, quelle di Tajani sulle donne come forni che sfornano patate, quelle di Rampelli sul "forestierismo", quelle di un altro ministro su bambini e frigoriferi…
Ormai tra divieti e puttanate la gente ha perso il conto... nonostante l'esecutivo sia al governo solo da pochi mesi.
In questo modo, la sora Giorgia e i suoi raffazzonati ministri, approfittando dei tanti giornalisti non giornalisti presenti in Italia, la buttano in vacca e scaricano su chi li ha preceduti le loro evidenti incapacità.
Un altro esempio? Questo è quanto ha detto Fazzolari (braccio destro della premiere) a Radio24, ospite del Caffè della domenica di Maria Latella:
"Sul Pnrr, purtroppo, l'attuale governo si è trovato a dover risistemare molte cose che non vanno, perché il piano è stato fatto in modo troppo frettoloso dal governo Conte II"...
Ma il piano non lo aveva rifatto da capo il governo Draghi (succeduto al governo Conte II) con enorme soddisfazione di tutti quanti, compresi Fratelli d'Italia e Lega che di quel governo facevano parte?
E visto che è stato tirato in ballo, questo è ciò che Giuseppe Conte ha detto al Corriere un paio di giorni fa:
"Nel luglio 2020 si tenne il Consiglio europeo che pose fine all’estenuante trattativa per i 209 miliardi del Recovery Fund. Un politico di lungo corso mi avvertì subito: «Questo è l’inizio della fine per il tuo governo, gli avversari politici e i vari comitati d’affari non ti lasceranno mai gestire quei fondi». L’avvertimento non mi lasciò indifferente, ma non valse a offuscare la soddisfazione per aver ottenuto un risultato storico per i cittadini italiani, i quali finalmente intravedevano all’orizzonte una concreta stagione di crescita e sviluppo, sociale e ambientale.Quei 209 miliardi erano anche il segno tangibile di una nuova Europa, capace di chiudere la stagione dell’austerità e rispondere nel segno di una più matura solidarietà alla tragedia della pandemia che tanto duramente aveva colpito il nostro Paese. Di lì a pochi mesi quella profezia iniziò a materializzarsi. Avversari, anche interni alle forze di governo, le forze di opposizione, una buona parte dei media e vari esponenti di alcuni circuiti economici e finanziari intensificarono gli sforzi per far crescere la percezione che il governo in carica non offrisse sufficienti garanzie di gestire in modo efficiente i fondi del Pnrr.Il resto della storia è noto ed io lasciai Palazzo Chigi quando il Piano era in fase di ultimazione, in attesa di essere presentato a Bruxelles. Il lascito del governo guidato da Mario Draghi, certificato dalla sua ultima Nadef, è di 13 miliardi di euro di minori spese del Pnrr rispetto a quelle da lui stesso previste nel Def precedente. Poi è arrivato il governo di Giorgia Meloni ed è la cronaca ad aggiornarci su come stiano andando le cose: l’Italia è in una condizione di conclamata difficoltà. Una buona metà delle iniziative e delle misure sono in ritardo ed è stato speso solo il 6% dei fondi, come certificato dalla Corte dei conti.La prospettiva, confermata dalle dichiarazioni del ministro Fitto, è che alcuni progetti non sono realizzabili entro la scadenza stabilita. Di fronte però alla possibilità di perdere i fondi del Pnrr, anche una forza di opposizione intransigente come il Movimento 5 Stelle non può rimanere a guardare. In ballo c’è qualcosa che travalica le dinamiche di maggioranza e opposizione, che si sgancia dalle logiche del consenso elettorale. Qui è in gioco la credibilità dell’Italia. Se falliamo sul Pnrr non fallisce solo Giorgia Meloni, fallisce l’Italia intera e la possibilità del suo definitivo rilancio.Perdere questa occasione significa lasciarsi sfuggire una capillare rivoluzione in termini di maggiori investimenti nella sanità, nelle scuole, nelle infrastrutture, in tutto ciò che può farci affrontare una impegnativa transizione ecologica e digitale, nel segno di una maggiore inclusione sociale. Il nostro fallimento rischia di trascinare con sé anche il fallimento dell’idea di un’Europa solidale, con il risultato di lasciare campo libero ai falchi dei tagli e dell’austerità e di aprire un’autostrada a un rinnovato senso di sfiducia verso l’Italia e verso l’Europa intera.Per questi motivi il M5S non lascerà nulla di intentato. È disponibile a sedersi a un tavolo e a rimboccarsi le maniche per dare il proprio contributo nell’interesse comune, per rimediare ai ritardi collezionati in questi mesi e agli errori sin qui commessi. Dobbiamo farlo tutti, anche coloro che, come noi, sono linearmente all’opposizione.A Giorgia Meloni poniamo però due precondizioni. La prima è una grande operazione di trasparenza, assolutamente necessaria a individuare cosa non sta funzionando e dove occorre intervenire. La seconda è l’ascolto delle proposte del M5S e delle altre forze politiche, anche di opposizione, che vorranno offrire il proprio contributo. Il Pnrr non è una bandiera attorno alla quale ridursi a fare i tifosi: quei 209 miliardi hanno solo una bandiera, quella dell’Italia.Qualche giorno fa Giorgia Meloni ha detto che si dimetterebbe piuttosto che andare in Europa come sono andato io. Dopo aver portato in Italia da Bruxelles 209 miliardi, io invece mi dimetterei dai miei incarichi politici se oggi mi limitassi a fare polemica senza mettermi a disposizione del mio Paese per salvare quei fondi e la concreta prospettiva di un futuro migliore."