Forse qualcuno potrebbe pensare ad affermare che il Figlio di Dio è stato mandato da se stesso, perché quella concezione e quel parto di Maria sono opera della Trinità che crea tutto ciò che è creato.  “Ma allora, si chiedeva sant’Agostino, come poté mandarlo il Padre se lui stesso si è mandato?’’ La risposta è questa, come il Padre santificò il Figlio, se il Figlio stesso si è santificato. Infatti, lo stesso Signore fa queste due affermazioni: «Colui che il Padre santificò ed inviò nel mondo, a questi voi dite: "Bestemmi!", perché ho detto: Sono Figlio di; ed altrove: e per essi io santifico me stesso» (Gv 12, 1-11). Così pure domando come il Padre lo consegnò, se egli stesso si è consegnato.

L’apostolo Paolo afferma che l’una e l’altra cosa: Colui - dice - che non risparmiò il proprio Figlio, ma per tutti noi lo consegnò; altrove dello stesso Salvatore afferma: Colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Secondo sant’Agostino l’unica è la volontà del Padre e del Figlio e indivisibile la loro azione. Dunque quella incarnazione e quella nascita dalla Vergine, in cui consiste la  missione di Gesù di Nazaret, come operata indivisibilmente da una unica ed identica azione del Figlio e del Padre, senza ben inteso escluderne lo Spirito Santo, del quale è chiaramente detto: Si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo. Se continueremo la nostra indagine per questa via forse vedremo più chiaramente nella questione. 

Ora, ci possiamo domandare; come Dio mandò il Figlio suo? Gli comandò di venire ed egli venne obbedendo a lui che comandava, o lo pregò di venire ovvero soltanto lo esortò a venire? In qualsiasi di queste tre alternative la missione si è realizzata per intervento della Parola, ma la Parola di Dio è proprio il Figlio di Dio. Perciò, dato che il Padre lo mandò per mezzo della Parola, egli è stato mandato per opera del Padre e del Figlio. Sottolineano che ad opera del Padre e del Figlio è stato mandato il Figlio medesimo, perché la Parola del Padre è il Figlio stesso. Chi infatti accoglierà un’ipotesi così sacrilega da credere che il Padre abbia pronunciato una parola temporale per mandare il suo Figlio eterno e manifestarlo corporalmente nel tempo? – si chiedeva sant’Agostino.

Ma al contrario nello stesso Verbo di Dio, che era fin dal principio presso Dio ed era Dio, cioè nella stessa Sapienza di Dio, al di fuori del tempo era stabilito il tempo in cui la Sapienza doveva apparire nella carne. Perciò essendo il Verbo al principio, al di fuori di ogni inizio temporale, ed essendo il Verbo presso Dio ed essendo il Verbo Dio, al di fuori del tempo era stabilito nello stesso Verbo in quale tempo il Verbo si incarnasse ed abitasse tra noi. Essendo venuta tale pienezza dei tempi Dio mandò il Figlio suo formato da una donna, cioè formato nel tempo, affinché, incarnato, il Verbo apparisse agli uomini, poiché era stabilito nel Verbo al di fuori del tempo in quale tempo ciò accadesse.

Infatti, la successione dei tempi si trova senza temporalità nella Sapienza eterna di Dio. Essendo dunque il Padre e il Figlio la causa della manifestazione del Figlio nella carne, si dice giustamente che è stato mandato colui che apparve nella carne, che invece ha mandato Colui che nella carne non si è manifestato. Perché è giusto considerare come oggetto di missione i fatti che accadono visibilmente sotto i nostri occhi per intervento invisibile di un essere spirituale. Ora la natura umana che fu assunta appartiene alla persona del Figlio, non anche alla persona del Padre. Perciò il Padre invisibile insieme col Figlio anch’esso invisibile, ha fatto che lo stesso Figlio fosse visibile, cioè, com’è stato detto, lo ha mandato. Se il Figlio si rendesse visibile, cessando di essere invisibile al pari del Padre, cioè se la natura invisibile del Verbo si convertisse per cambiamento in una creatura visibile, allora dovremmo considerare il Figlio come semplicemente mandato dal Padre e non anche come mandante insieme con il Padre.

Ma poiché la natura di servo fu assunta in modo che la natura divina non subisse alcun cambiamento, ne consegue che il Padre e il Figlio, senza apparire, produssero quello che doveva apparire nel Figlio, ossia che l’invisibile Padre e l’invisibile Figlio mandarono il Figlio stesso in forma visibile. Perché allora ha detto: Non sono venuto da me stesso? Questa espressione si spiega riferendola alla natura di servo, in rapporto alla quale è stato anche detto: Io non giudico alcuno (Gv 8,15).[1]

sac. prof. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Łydek


 
[1] SANT’AGOSTINO, Opere, cit., pp. 240-243.