Ha cercato di preservare fino alla fine quel piccolo di soli 4 mesi, tendendolo stretto tra le braccia per più di una settimana su quella barca alla deriva in mezzo ad altre decine di persone. Senza viveri né acqua, la donna ha cominciato a perdere le forze. Prima di morire, ha allentato la presa e il piccolo è scivolato in mare. A quel punto, un giovane si è lanciato tra i flutti nel disperato tentativo di salvare il neonato. Nessuno dei due è riemerso. Nel frattempo altri otto su quel barcone morivano lentamente di stenti e ipotermia. Cinque uomini e tre donne, una incinta. Partiti da vari paesi del subsahara, passati dalla Libia, poi dalla Tunisia. Per finire i loro giorni e i loro sogni su quella barca.Dieci in tutto le vittime dell'ultima tragedia registrata nella rotta più letale del Mediterraneo. Secondo le prime ricostruzioni, la barca di sei metri con a bordo una cinquantina di persone di cui almeno una già deceduta, era stata segnalata alle autorità italiane e maltesi la mattina di giovedì 2 febbraio. Trattandosi di acque di responsabilità SAR Maltesi, il soccorso è stato delegato a La Valletta che avrebbe però chiesto l'intervento della nostra Capitaneria di porto solo nel pomeriggio, facendo arrivare i soccorsi di notte. Un rimpallo di responsabilità fatale per altri esseri umani sopraffatti da freddo e disidratazione. Le immagini fornite dalla Guardia Costiera sono drammatiche ma non rendono il dolore e la pena di chi è sopravvissuto vedendo morire i compagni di viaggio e la lenta agonia delle vittime. Non riusciamo più a vedere oltre a quei numeri di carne e ossa che lasciano la maggior parte dell'opinione pubblica sempre più indifferente. Mentre il nostro governo cerca di combattere i trafficanti a colpi di decreti contro le ong e la nostra premier chiede all'Europa la difesa dei confini, i flussi migratori sono più che raddoppiati così come le vittime.Le navi umanitarie continuano ad essere costrette a fare un solo soccorso per poi essere spedite a migliaia di chilometri di distanza così da tenerle il più lontano possibile dall'area in cui le barche si avventurano. Con al momento l'unico risultato di costringere i migranti ad avventurarsi comunque verso le coste italiane in un mare senza dispositivi di soccorso. Prolungando le sofferenze di uomini, donne e bambini.
Questo è l'articolo scritto da Angela Caponnetto e pubblicato su articolo21 sull'ennesima tragedia che si è registrata nel Mediterraneo. Tragedia a cui ne ha fatto subito seguito un'altra.
Nella notte tra giovedì e venerdì, l'equipaggio della SEA-EYE 4 è riuscito a soccorrere un totale di 109 persone in difficoltà in mare, tra cui numerosi bambini. Durante la prima operazione, l'equipaggio è riuscito a soccorrere 32 persone, registrando due decessi avvenuti prima dell'arrivo della nave. L'emergenza è stata scoperta e segnalata dall'aereo civile di ricerca e soccorso Seabird di Sea-Watch nel tardo pomeriggio di giovedì. Essendo l'unica nave di soccorso che si trovava in quel momento nell'area di intervento, SEA-EYE 4 è partita immediatamente. Il viaggio è durato in tutto 6 ore. Quando i soccorritori hanno raggiunto la scena, due delle 34 persone presenti sulla barca erano già morte. L'equipaggio di Sea-Eye ha potuto solo recuperare i loro corpi. Molti dei sopravvissuti hanno dovuto essere curati nell'ospedale di bordo. Una persona era in condizioni così gravi che è stata evacuata dalle autorità maltesi con un elicottero di soccorso venerdì mattina.
Subito dopo la prima operazione di salvataggio, la SEA-EYE 4 è partita verso un secondo caso di distress. Durante la notte sono state soccorse altre 77 persone, tra cui una donna incinta.
Alla SEA-EYE 4, con un totale di 109 sopravvissuti a bordo, in un primo momento è stato assegnato dall'Italia il porto di Pesaro, distante circa 1.100 Km e cinque giorni di navigazione. Alla richiesta di un porto più vicino che era stato richiesto entro venerdì a mezzogiorno (la nave ha due cadaveri a bordo e non dispone di una cella frigorifera), l'umanissimo e cristianissimo governo italiano ha indicato il porto di Napoli a 500 Km, quando la SEA-EYE 4 era distante meno di 100 Km dal porto di Pozzallo.
E i post-fascisti gonfiano orgogliosamente il petto per aver difeso, in questo modo, la patria e le famiglie in nome di dio. Ce ne vuole di stomaco...