"Oggi nelle cronache si parla molto dell'incontro in Turchia sullo sblocco delle esportazioni agricole dal nostro Paese attraverso il Mar Nero. Stiamo infatti compiendo sforzi significativi per ripristinare l'approvvigionamento alimentare del mercato mondiale. E sono grato alle Nazioni Unite e alla Turchia per i loro rispettivi sforzi. Il successo di questa iniziativa è necessario non solo al nostro Stato ma anche, senza esagerare, al mondo intero. Se riusciremo a rimuovere la minaccia russa alla navigazione nel Mar Nero, elimineremo la gravità della crisi alimentare nel mondo. La delegazione ucraina mi ha informato che vi sono dei progressi. Concorderemo i dettagli con il Segretario Generale delle Nazioni Unite nei prossimi giorni".

Questo è quanto aveva dichiarato ieri sera il presidente ucraino Zelensky sulla mediazione di Ankara per sbloccare il grano fermo da mesi nei porti ucraini.

La Turchia, tramite il ministro della Difesa Hulusi Akarstamani, stamani ha dichiarato che è già stato raggiunto un accordo in tal senso, che verrà firmato la prossima settimana, quando si terranno sempre sotto l'ombrello di Erdogan nuovi colloqui. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres ha definito i progressi di mercoledì un "passo avanti fondamentale", precisando però che è necessario più lavoro per finalizzare l'accordo, che richiederà "molta buona volontà e impegno da parte di tutti".
 
A dire la verità, però, dopo la riconquista dell'Isola dei Serpenti, Kiev ha aperto un canale sul Mar Nero tra quell'isola e la foce del Danubio che ha già permesso a quasi una ventina di navi di approdare nei porti ucraini per imbarcare grano e cereali.

Ma se questa notizia fa trapelare ottimismo, ce n'è subito un'altra che invece lo azzera: il bombardamento della città ucraina di Vinnytsia, capoluogo dell'omonimo oblast, che ha causato la morte di almeno 20 persone, tra cui un bambino piccolo, e il ferimento di altre 90. Quello che fa però ancor più orrore è il fatto che quella città si trovi al centro dell'Ucraina, lontana da qualsiasi fronte di guerra. Si tratta, pertanto, di un attacco gratuito, immotivato, che le autorità ucraine definiscono terroristico. Nel frattempo, è salito a 48 il bilancio delle vittime dell'attacco missilistico di Chasiv Yar, nell'oblast di Donetsk, del 9 luglio scorso. 

Inoltre, sono proseguiti anche nelle scorse ore i bombardamenti da nord a sud su tutta la linea del fronte, da Kharkiv a Mykolaiv.

Questi gli ultimi dati aggiornati sulle perdite russe in Ucraina dal 24 febbraio diffusi dallo Stato maggiore ucraino: 37.870 soldati, 1.667 carri armati, 3.852 veicoli corazzati da combattimento, 840 sistemi di artiglieria, 247 sistemi di lancio multiplo di razzi, 109 sistemi di difesa aerea, 188 elicotteri, 219 aeroplani, 681 droni e 15 imbarcazioni.

Dati di parte, che a causa della propaganda che in una guerra è sicuramente una delle armi più efficaci, vanno presi con il beneficio d'inventario. Di certo, però, i russi hanno grossi problemi nel rinfoltire i loro reparti. Per questo, secondo un think tank statunitense, è iniziata da parte della Russia una "mobilitazione di volontari" invitando le proprie 85 regioni federali (comprese quelle della Crimea) a creare "battaglioni" attraverso incentivi salariali e altri benefici. Ogni regione dovrà fornire almeno un'unità con i volontari, uomini fino a 50 anni, che sottoscriveranno contratti semestrali. I media russi confermano la creazione e il dispiegamento di battaglioni di volontari in 10 oblast, inclusa la città di Mosca, tra la fine di giugno e l'inizio di luglio.  


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