Gli arresti a Milano del 25 marzo  della Banda di Precotto o KO Gang come si facevano chiamare, l’episodio  del sedicenne di Mogliano Veneto che ha accoltellato  una conoscente  del quartiere mentre  faceva jogging,  i tam tam  degli smartphone dei ragazzi di Roma che  si scontrano  nelle piazze,  sono solo le recentissime frange del fenomeno  baby crimine, dilagante dall'estremo Nord  al profondo Sud Italia.

La delinquenza minorile che allarma la società civile,  quest'esplosione di  rabbia accumulata, compressa fra le mura di casa che trasudano di problemi economici,  è dovuta soprattutto ad un grave malessere psicologico, al disagio di  mancata integrazione, forse anche la mancanza di un luogo fisico dove trovarsi e ritrovarsi, come la classe (ce la ricordiamo?) delle aule scolastiche. I banchi  dove sbocciavano i primi amori, dove nascevano le grandi amicizie ,  dove anche il “pierino birichino” aveva un senso. 

Ricordo bene la mia adolescenza (ai tempi della serie televisiva  americanaHappy Days,) elementari, medie, liceo, nelle classi miste c’erano le femmine precoci,  quelle un po’ “ganze” a cui piaceva il lucidalabbra alla fragola, i jeans stretti, adolescenti che sbocciavano  come teneri fiori, mentre i maschi, sempre un po’ più indietro rispetto all’altro sesso, non osavano dichiararsi,  oppure spavaldi  si gettavano all’ avventura.  All’ epoca si organizzavano  feste,  facevamo  tanto sport,  le palestre scolastiche pianificavano tornei e gare, gli scout e le scampagnate, le passeggiate in centro, le giornate erano piene di attività. 


Differenze fra gruppo e branco

L’idea di “gruppetto” che si aggrega per il piacere di stare insieme e per la voglia di condividere un  interesse comune,  come uno sport, un film, una gita al mare o in montagna,  l’elenco è lunghissimo anche per quanto riguarda gusti e mode,  diventa drammatico quando il comune denominatore del branco è la voglia di rubare, uccidere, gambizzare. Fare del male al prossimo.

Le baby gang hanno la ferocia del branco animale che vuole sbranare, individuato un soggetto debole su cui riversare  rabbia e frustrazioni. Leggiamo sulle pagine dei quotidiani di ragazzi fra gli 11 e i 16 anni organizzati   come  bande di criminali adulti, armati e malintenzionati verso chi - secondo loro - non li rispetta  e accetta. Questi  bulli pretendono  un  trono in cima alla scalinata per sentirsi importanti, guai a chi li contraddice, anche per motivi banali.

La vendetta e l’offesa, la ritorsione e l'orgoglio sono la loro legge. Come è accaduto su di un tram a Milano ad un 46enne straniero che ha rimproverato un adolescente sedutogli accanto, per nulla osservante  le distanze di sicurezza  causa  Covid. Il branco identificatosi nell’"oltraggio  verbale" al capo, ha aggredito e  pestato a sangue  il signore appena sceso dall’autobus, tanto per regolare i conti.

Si spazia dall’omofobia ai coetanei da derubare, dal barbone  come gioco crudele  alla ragazza, alla donna single da gambizzare, rapine, estorsioni, spaccio di stupefacenti, risse, le tribù aggregano ragazzini e ragazzine dei ceti sociali più eterogenei, non esiste più quel “vietato ai minori” comprensivo dei limiti ai quali attenersi.  

 


Il personaggio

I mini Al Capone hanno  occhi torbidi come  un torrente ricolmo di fango, il  loro petto di gallo cedrone  teso infuori precede un andamento ondulatorio delle spalle e delle anche, i piedi piatti  -  proprio come quelli di carabinieri e poliziotti – fasciati sempre da scarpe da ginnastica, e ancora  le mani che mostrano solo ai  ritmi del rapper con le “corna morbide “, il tempo di una canzone per poi nasconderle in fretta nelle tasche dei giubbotti.

 Il fenomeno  non va minimizzato  come conviene ai genitori, molti dei quali usufruiscono dell’attività criminosa dei figli. In questo triste quadro si aggiungono,  purtroppo, i minori stranieri non accompagnati, scappati dai centri di accoglienza, pronti a rimpolpare le fila degli eserciti delle mafie.

Non si tratta di bravate, bensì di criminalità organizzata che precede l’età adulta e che non teme il penitenziario,  poiché per i minorenni non è previsto il carcere ma la Comunità di recupero (max  2 anni), quasi sempre  luoghi di perdizione  dove si instaurano amicizie  molto utili all’ uscita. Infatti questi ragazzi  ritornano a delinquere come e peggio di prima.  

Le assistenti sociali, i carabinieri, le istituzioni? Si ha quasi l’impressione  che la maggior parte di loro vogliano marginalizzare gli avvisi di pericolo   del fenomeno dilagante  e che rimangano indifferenti sulla necessità di contrastarli alla radice. Nonostante qualcuno,  il Procuratore del Tribunale dei minori di Catania Roberto Di Bella ad esempio,  invochi a squarcia gola  un vero e proprio Piano Marshall in Italia specifico per tutti i territori.