Giulio Raimondo Mazzarino, nato nel 1661, fu un cardinale, politico e diplomatico italiano che operò principalmente in Francia come primo consigliere del re Luigi XIV succedendo al cardinale Richelieu. A lui si deve la fine delle ostilità tra Francia e Spagna infatti, il Trattato dei Pirenei spezzava definitivamente la spirale di violenza che aveva causato danni alla popolazione, all’economia e alle finanze statali dei due Paesi, da allora non vi fu più un conflitto tra i due stati fino ai nostri giorni.
Colpisce la frase pronunciata dal cardinale al re di Francia: “Maestà, il potere si conquista con le armi ma lo si conserva con i dogmi e la superstizione”.
Passano i secoli e lo schema sostanzialmente non cambia, oggi è in atto una guerra di potere permanente, complessa per i suoi intrecci ed interessi sottaciuti, quindi sconosciuti alla moltitudine di esseri umani destinati a loro insaputa al ruolo di “agnelli da sacrificare” per raggiungere obiettivi di potere che avvantaggia di varie élite.
L’umanità, tra mille tragedie, prosegue la sua esistenza su di un pianeta ormai compromesso gravemente dalle attività industriali e sperimentazioni di ordigni di distruzione di massa o incidenti nelle centrali termonucleari, modificazioni genetiche, veleni di ogni genere, guerre e chi più ne ha più ne metta.
Il potere non ha regole e impone condizioni inaccettabili agli Stati deboli impiegando ricatti economici e militari, è per questo che oggi siamo su di una strada che condurrà alla rovina tutta l'umanità. I segnali sono chiari: la pantomima diretta da una regia di tutto rispetto, Biden, BoJo fiancheggiati da Stoltenberg alla guida della NATO e nel tragico ruolo di eroico protagonista il presidente dello sfortunato popolo ucraino dilaniato da anni da conflitti interni territoriali, etnici e religiosi con atrocità connesse ma mai pubblicizzate.
Tale regia si è manifestata chiaramente quando il rappresentante dell’ONU si è recato a Mosca per dare inizio a delle trattative per tentare di risolvere il conflitto diplomaticamente e contemporaneamente a Ramstein i vertici della NATO e il governo americano convocavano una riunione allargata a 43 paesi per decidere una strategia comune per annientare la Russia screditando la missione del Segretario Generale dell’ONU.
Altra uscita infelice e nefasta è stata quella di Stoltenberg in risposta alla dichiarazione di Zelensky che la Crimea - annessa alla Federazione Russa nel 2014 - non sarebbe stata oggetto di trattative immediatamente rilasciava un’intervista al Die Welt: “L’Ucraina deve vincere questa guerra perché difende il suo territorio. I membri della Nato non accetteranno mai l’annessione illegale della Crimea. Ci siamo inoltre sempre opposti al controllo russo su parti del Donbass nell’Ucraina orientale”, dimostrando un'ingerenza nella politica di un Paese non alleato. L’allineamento immediato di Zelensky alla strategia della NATO dimostra l’inconsistenza del personaggio che chiede armi e continua a mandare al massacro i suoi cittadini senza voler o poter iniziare un negoziato serio.
Ormai il coinvolgimento degli Stati occidentali è palese, stiamo alimentando una guerra per procura per conto dell’amministrazione americana e inglese che in continuazione buttano benzina sul fuoco con dichiarazioni atte a provocare insanabili divisioni e a ottenere il prolungamento di un massacro inutile.
L’ambasciatore Umberto Vattani sottolinea: “Gli occidentali avevano sin dall’inizio dichiarato di voler intervenire a difesa dell’Ucraina per salvaguardarne l’indipendenza e la sovranità di fronte alla prepotenza e ai soprusi del Cremlino. Ma chi difenderà Zelensky dalle pretese della Nato che vuole imporre la sua linea a quella di Kiev in vista delle trattative da intavolare con Putin?”
L’ambasciatore Alberto Brandanini: “(…) Attraverso la Nato, gli Usa tengono l’Europa sotto vigilanza, sterilizzandone ogni anelito verso la sovranità, semmai ve ne fossero le condizioni endogene”.
Al momento dell’aggressione il governo concordò quasi all’unanimità gli aiuti all’Ucraina per difendere la sua sovranità ma ormai è palese che gli aiuti militari, l’addestramento e quant’altro viene generosamente fornito all’Ucraina hanno lo scopo di destabilizzare la Russia e tutti i Paesi europei e soprattutto creare una frattura insanabile tra quel Paese e il resto dell’Europa; sembra che tutti abbiano dimenticato che quel popolo ha versato il sangue di 27 milioni di suoi figli per salvarci dal morbo del fascio-nazismo invece l’unica eredità che è sopravvissuta è proprio ciò che si voleva annientare: un nazismo dilagante che si ammanta da falsa democrazia.
Se in Ucraina si bombarda a tutte le ore in Italia a bombardare i cittadini ci pensano le principali testate nazionali che forniscono interpretazioni fuorvianti di situazioni, fatti e dichiarazioni offrendo così un cattivo servizio alla verità e ledendo la libertà personale dei lettori di farsi un’idea precisa della situazione.
Io ho lavorato per la Ipsos. I sondaggi dovrebbero dare un’indicazione abbastanza fedele, ma per esperienza gli intervistati non sempre esprimono ciò che pensano, a differenza degli americani che usano il sondaggio come un valido strumento di comunicazione con il mondo politico ed economico perché esprimono la propria opinione liberamente.
In Italia è stato lanciato un sondaggio a livello nazionale per testare l’opinione di un campione rappresentativo a riguardo della situazione bellica in corso, i valori comunicati sono significativi.
Il 62% degli intervistati vogliono che si aprano delle serie trattative per arrivare alla soluzione dei problemi che hanno scatenato il conflitto. Per il 26%: “bisogna prima sconfiggere la Russia, per poi aprire una trattativa”.
Emerge una parziale contraddizione quando viene posta la domanda sull’invio delle armi da parte della NATO e dell’Italia: il 46% è contrario, mentre il 41% è favorevole mentre gli incerti arrivano al 13%.
Interessante è l’esito del sondaggio relativo all’atteggiamento tenuto dagli USA nella vicenda. Per il 56% del campione gli Stati Uniti vogliono portare avanti il conflitto ad oltranza mentre l’Italia e gli altri Paesi europei dovrebbero discostarsi da questa linea mentre per il 26% gli americani stanno difendendo la democrazia e l’Europa quindi alimentare la guerra tra le due parti è la strada giusta per risolvere il problema.
Al di là delle opinioni vi è la nostra Costituzione a determinare le condizioni. Prendiamo le opinioni espresse da alcuni costituzionalisti in riferimento all’articolo 11: il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, Lorenza Carlassare, prima donna italiana in una cattedra di Diritto costituzionale, Gaetano Silvestri ex Presidente della Corte Costituzionale.
L’art. 11 sancisce: ‘L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo’.
Zagrebelsky evidenzia una serie di problematiche costituzionali che sono emerse proprio a causa della situazione internazionale in atto. Dopo la delega rilasciata all’inizio del conflitto all’attuale governo dal Parlamento con il voto quasi unanime sono state effettuate alcune spedizioni di armi. Dall’iniziale scopo difensivo gradualmente sono emersi obiettivi particolari estranei agli interessi degli Stati europei che hanno trasformato di fatto lo scontro in una guerra per procura con esiti e durata non prevedibili.
Il costituzionalist,a riferendosi al rifiuto da parte del premier in carica di riferire al Parlamento, afferma: “Noi votiamo, ma non sappiamo su che cosa. Perché il governo ha poi provveduto con decreti e ha risposto che sul tipo di armi che verranno inviate vige il segreto di Stato.Invece dovrebbe aprirsi in Parlamento una discussione” evidenziando una più ampia e pericolosa anomalia costituzionale: “Siamo in una fase di malessere democratico, mentre si devono fare le grandi scelte che segneranno il nostro futuro. Come possiamo aiutare l’Ucraina? Come possiamo costruire un’Europa più forte? Per rispondere serve la riscoperta della politica e della sua autonomia”.Continua sottolineando una pericolosa metamorfosi che di fatto si sta affermando: l’appiattimento del potere legislativo su quello esecutivo che sta facendo scomparire uno dei pilastri portati della nostra Costituzione infatti: “Una democrazia deliberativa non presuppone la vittoria. Invece sentiamo auspicare che la sera delle elezioni si dovrebbe sapere chi ha vinto e si appresta a governare, quasi che chi vince possa prendersi tutto come in una guerra. La democrazia è basata sul confronto e sulle idee, le decisioni dovrebbero maturare attraverso la discussione”.Continuando: “Anche tra i costituzionalisti sta passando l’idea di una separazione tra due e non più tre poteri. Da un lato la politica, che organizza elezioni e governo, quasi fosse inutile avere un Parlamento e un esecutivo separati. Dall’altro lato gli organismi di controllo”.In merito all’ormai consolidata abitudine di governi retti da “tecnici” chiamati a salvare la patria in pericolo dichiara: “Quando un governo nasce per iniziativa esterna, ad esempio del Presidente della Repubblica, si può affermare che esso non ha la propria ragion d’essere nell’espressione del Parlamento, da cui cerca solo la fiducia”.
La professoressa Carlassare concorda: “In Italia ritorna il mito del capo, esiste un progetto di legge per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che io spero il Parlamento sconfiggerà. Non facciamoci tentare dalle sirene dei poteri più forti”.
L’ex Presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri è anche più esplicito: “La democrazia oggi non è nel Parlamento, e nemmeno nelle consultazioni elettorali. I partiti non esistono più e non si vede chi comandi per davvero. Non perché qualcuno lo nasconda ma perché non lo sanno neppure loro, come ha dimostrato la tragicomica rielezione del presidente della Repubblica”.
Ritorniamo al sondaggio. Per quanto riguarda l’entrata nel Patto Atlantico della Svezia e della Finlandia i favorevoli sono il 44% mentre i contrari raggiungono 33%. Questo è un elemento contraddittorio perché i due paesi neutrali non hanno mai ricevuto alcuna minaccia invece hanno fatto la scorrettezza di “ospitare” le esercitazioni NATO al confine con la Russia, quella è stata una provocazione tanto che BoJo ha rincarato la dose seminando paura e insicurezza minacciando il Cremlino di non osare attaccare i paesi di confine altrimenti la NATO avrebbe reagito. Alcuni giorni fa il primo ministro britannico è volato in Svezia e in Finlandia per firmare un accordo mirato a “rafforzare la loro sicurezza e irrobustire le difese nordeuropee in vista di rinnovate minacce”. E ha chiarito di essere pronto a “supportarle se saranno attaccate”. Tradotto: si prepara la difesa, militare e di intelligence, per contrastare l’annunciata reazione russa all’imminente richiesta dei due paesi scandinavi di entrare nella Nato, dopo decenni di ‘neutralità’. Se la neutralità dell’Ucraina era una condizione “sine qua non” per evitare l’invasione, l’adesione dei due paesi occidentali a confine diretto con la Russia, questo non è operare per la pace ma voler scatenare divisioni e allargare il conflitto.
Quella della Svezia e della Finlandia è sempre stata una neutralità di facciata. Infatti sin dalla caduta del blocco del Patto di Varsavia hanno sviluppato programmi di partnership con la NATO: “Il più recente è il Cold Response, a marzo-aprile scorso: ospitato dalla Norvegia, membro Nato, ha visto una “esercitazione di terra aria e mare” che ha coinvolto 30mila soldati di 27 paesi fra Europa Nord America, con lo scopo di ‘prepararsi ad ogni evenienza”. come parte dell’accordo di cooperazione, Johnson si è impegnato ad aumentare le truppe britanniche presenti in Svezia e Finlandia: un rapporto già cementato nella Joint Expeditionary Force, l’alleanza militare guidata da Londra che unisce 10 paesi nordici nella difesa del Mare del Nord e del mar Baltico. Aree da sempre contese con la Russia. Questo accordo ha anticipato di poco la richiesta formale di ingresso nella Nato dei due paesi: i sondaggi più recenti confermano il consenso della popolazione dei due paesi, al 76% in Finlandia, aumentato di 14 punti da marzo, con il favore anche dei due terzi del parlamento, e al 61% in Svezia. Mentre l’adesione finlandese appare fuori discussione, l’esecutivo socialdemocratico svedese è molto più tormentato, visti i decenni di difesa della neutralità di Stoccolma: una decisione finale è attesa per il 15 maggio, dopo una ulteriore valutazione dei rischi per la sicurezza del paese”.
È ormai palese che chi dirige la partita sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna che perseguono i loro interessi riuscendo ad imporli agli "alleati" europei e che gli USA hanno in ballo un affare colossale lo dimostra quanto stanno investendo nell’industria bellica nazionale e obbligando gli “alleati” ad investire in un programma di riarmo nazionale inutile che sottrae risorse per scopi più necessari e nobili.
Il caso della Raytheon è particolarmente significativo, perché in aprile vi è stato un decremento del valore azionario perché l’azienda non era in grado di aumentare la produzione di missili Stinger fino al 2023 per la mancanza di pezzi di ricambio e materie prime per le armi offerte generosamente dagli alleati occidentali alla Ucraina. L’AD della società informava gli azionisti che la catena di produzione non era in grado di far fronte alla domanda per cui era necessario che il governo fornisse finanziamenti adeguati e, miracolosamente e senza alcuna pressione, il Congresso ha approvato altri 40 miliardi, 7 in più di quelli richiesti da Biden - contro i 46 all’anno per Kabul: 53 miliardi di dollari in due mesi per la pace.
La Lockeed Martin, colosso militare industriale, ha visto crescere il valore delle sue azioni dai 355 dollari di inizio anno al picco di 467 dollari ad azione raggiunto intorno al 20 aprile, dopodiché si è registrata una leggera flessione. Si tratta di un balzo del 31% in soli quattro mesi.
Gli aiuti stanziati dall’amministrazione statunitense in poco più di un mese per l’Ucraina superano già l’importo medio annuo, 46 miliardi, che gli Stati Uniti stanziavano per l’Afghanistan.