Nel Consiglio dei Ministri n. 84, che si è tenuto a Palazzo Chigi martedì a fine mattinata, il governo ha presentato, dopo quasi due anni dalla sua entrata in carica uno schema di decreto-legge per "misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie".

Cosa contiene il testo? 

Lo ha spiegato così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ai giornalisti nella conferenza stampa dopo il CdM, riassumendo i due punti principali del provvedimento:

"1. I cittadini, finalmente, avranno le prestazioni di cui necessitano nei tempi giusti e a carico del Servizio Sanitario Nazionale
2. Andiamo verso l'abolizione del tetto di spesa, questo vuol dire che le Regioni potranno assumere più medici e personale sanitario e questo vuol dire immettere forze nuove nel sistema". 

I due provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri, secondo quanto affermato da Schillaci, sono frutto di lavoro di confronto con Regioni, ordini professionali e associazioni di cittadini, per andare incontro a uno dei problemi più lamentati dai cittadini riguardo il Sistema sanitario, le liste d'attesa.

Il decreto legge sulle liste d'attesa è articolato in 7 articoli, il primo dei quali è l'istituzione della Piattaforma nazionale liste d'attesa presso l'Agenas, un provvedimento fondamentale perché finora non esisteva un monitoraggio delle liste d'attesa per regione e prestazione. 

Se il cittadino non riceverà la prestazione nelle 72 ore, nel caso in cui il medico la ritenga prioritaria, potrà rivolgersi in intramoenia o al privato accreditato: sarà il SSN a pagare la prestazione

Il superamento del tetto di spesa per il personale sanitario potrà essere approvato, per le Regioni che ne faranno richiesta, già nel corso di quest'anno.

"È ovvio che un qualunque provvedimento come questo non può non essere fatto tenendo conto che necessita il reclutamento di altri professionisti sanitari", ha detto il ministro. "Sin da subito, dal 2024, il tetto di spesa verrà incrementato e portato per le regioni che ne faranno richiesta dal 10 al 15% e verrà completamente abrogato dal 1 gennaio 2025".

La segretaria dem, Elly Schlein, ha commentato così la notizia: 

"Sono felice che prima del voto dell'8 e 9 giugno la nostra campagna in tutta Italia sulla sanità pubblica abbia già ottenuto un primo risultato: costringere il Governo di Giorgia Meloni ad ammettere che avevamo ragione noi, cioè che non ci sono risorse sufficienti per abbattere le liste d'attesa.Oggi a 4 giorni dal voto, approvano, in Consiglio dei Ministri, una norma che è già stata contestata dalle Regioni guidate dalla destra, e che in realtà è solo fuffa. Se vogliamo abbattere le liste d'attesa bisogna sbloccare il tetto alle assunzioni che il Governo Berlusconi - con Meloni Ministra - mise nel 2009. Perché se i reparti si svuotano le liste d'attesa si allungano all'infinito, chi ha i soldi va dal privato e chi non li ha sta rinunciando a curarsi. Le altre soluzioni previste sono soluzioni tampone che favoriscono il privato e continuano nel solco dello smantellamento della sanità pubblica.Se vogliono fare qualcosa di concreto per la sanità e salvarla, una cosa semplice da fare è votare insieme a noi la proposta di legge che è in Parlamento a mia prima firma che chiede più risorse per la sanità pubblica e un piano straordinario di assunzioni del personale".

Ancor più preciso, sull'argomento, l'ex ministro della Salute, Roberto Speranza, in una intervista a il Manifesto:

"Il nodo è quello delle risorse. Ogni riforma senza risorse, a quattro giorni dalle elezioni, è pura propaganda. E la linea di questo governo è chiara: la spesa sanitaria in rapporto al Pil scende e nel 2025 dovrebbe tornare ai livelli del 2007. Si è invertita la direzione: nel periodo in cui sono stato ministro, rivendico di aver portato la spesa sanitaria pro capite da 2.629 a 3.255 dollari, e quella in rapporto al Pil fino al 7,4%, anche sbattendo i pugni sul tavolo. Con Meloni si torna sotto il 7% e l'anno prossimo ci si avvicina al 6%, che è considerata la soglia di tenuta.  ...  Dopo il Covid, ci sono stati passi indietro. Avevamo approvato un programma per riequilibrare le disuguaglianze di salute tra nord e sud centrato su screening oncologici, salute mentale e medicina di genere. Invece, il governo ha cancellato 1,2 miliardi dall'edilizia ospedaliera, mettendo nei guai le regioni. Ha ridotto i fondi per la sanità territoriale e ha tagliato il numero delle case di comunità previste. Il NextGenEU che abbiamo lasciato al governo prevedeva un forte investimento sull'assistenza domiciliare, perché un infermiere a casa fa la differenza per anziani e loro familiari. Quando sono arrivato al ministero era assistito a domicilio solo il 4% degli over 65, contro una media europea del 6% e il 9% di Germania e Svezia. Con il Pnrr l'Italia doveva arrivare al 10%, più di tutti in Europa. Ora vedremo".