La manifestazione #indivisibili ha portato a Roma, sabato 10 novembre, migliaia di persone provenienti da tutta Italia che hanno percorso le vie del centro insieme ai migranti presenti nella Capitale per dire no al decreto sicurezza voluto da Salvini.
Alla manifestazione hanno aderito sigle sindacali, associazioni, Ong... tra questi Cgil, Anpi, Arci, Oxfam, Proactiva Open Arms, Action Aid, Un Ponte per, oltre a numerose realtà locali a supporto dei migranti, come ad esempio il centro Baobab.
Secondo la questura erano 20mila, secondo gli organizzatori 5 volte tante, le persone che dal punto di raccolta nei pressi della stazione Termini, procedendo da via Cavour, si sono poi dirette verso piazza San Giovanni dove è stato allestito un palco per gli interventi.
Indivisibili, il termine scelto dagli organizzatori per la manifestazione, rappresenta la volontà di non accettare nessuna separazione di diritti tra italiani e stranieri, ma anche tra donne e uomini, in contrapposizione al ddl del senatore leghista Pillon e alla visione di famiglia che tale disegno di legge intende affermare.
"Il ddl Pillon e il decreto Salvini - secondo gli organizzatori della manifestazione - sono due espressioni della stessa violenza di Stato contro le donne, le soggettività LGBTQI+, le migranti e i migranti, gli spazi sociali e contro coloro che si rifiutano di abbassare la testa!"
Alla manifestazione ha partecipato anche il sindaco di Riace Domenico Lucano.
A decretare il successo della manifestazione, il commento del ministro dell'Interno Matteo Salvini che su Facebook ha scritto: «Corteo contro il #DecretoSalvini a Roma: bandiere rosse, centri a-sociali, musica "etnica" e "L'Internazionale", cori "Odio la Lega", kompagni "presunti profughi" (speriamo tutti regolari) e insulti di ogni tipo contro di me.
Tutte medaglie, Amici!
Confermo anche agli "amici" in piazza: la pacchia è STRA-FINITA!»
Evidentemente i manifestanti erano tanti, probabilmente anche troppo numerosi per il "ministro" Salvini che, in caso contrario, lo avrebbe fatto notare. Si è dovuto limitare a sottolineare che il corteo, che era eterogeno e composto da numerose sigle dell'associazionismo, fosse invece un corteo "comunista", come se questa fosse una colpa.
Curioso, però, che l'accanimento di Salvini contro il comunismo non corrisponda ad un'analoga e ripetuta condanna del fascismo. Ci sarà una ragione!