"Il 26 novembre 1989 è la volta di affrontare il Napoli di Diego Armando Maradona, il dio del calcio, il giocatore più forte del pianeta. È a pochi passi da me, in un paio di occasioni lo contrasto, in una gli tolgo la palla. Io, che fino a poco tempo fa stavo appiccicato alla televisione ad ammirarlo.
L’emozione più forte, però, arriva dopo la partita, rientrando negli spogliatoi, ed è un’emozione che in qualche modo dà senso a tutto quello che sto vivendo. «Totò!» sento chiamare con accento sudamericano. Mi giro e me lo trovo davanti, che mi porge la maglia, la sua 10, e chiede la mia. È un istante: incrocio i suoi occhi, mi vedo in una sorta di specchio. E mi rendo conto che, se mi ha scelto, è perché è come se avesse annusato l’aria, se avesse sentito il suo stesso odore. Quello dei quartieri popolari e dei campetti in terra battuta, della povertà e della fatica, che ci porteremo dietro per tutta la vita."

Totò Schillaci



Fonte: autobiografia Schillaci "Il gol è tutto"