"L’abolizione del delitto di cui all’art. 323 del codice penale andrebbe ponderata con estrema cautela, valutando due fattori essenziali: il primo, riguarda la violazione di norme internazionali, il secondo, il reale rischio di riacutizzazione applicativa di alcune condotte criminose".

"Credo che il cd "liberi tutti" non sia mai una scelta condivisibile, in special modo quando questo significa abbassamento del relativo livello di buon andamento ed efficienza della p.a. sancito dall’art. 97 della Costituzione".

"La famosa paura da firma da parte di amministratori e funzionari pubblici non può da sola essere sufficiente per giustificare un’abrogazione normativa (a mio avviso illegittima) evitando così di generare quelle politiche di verifiche e controlli da mettere in campo per garantire proprio il buon andamento della pubblica amministrazione".

"In merito al primo fattore delineato, è corretto evidenziare che l’esistenza di questa fattispecie incriminatrice nel nostro ordinamento è imposta da una Convenzione Onu contro la corruzione firmata a Merida e ratificata dall’Italia il 3 agosto del 2009. L’articolo 19 così dispone: "Ciascuno Stato parte esamina l’adozione di misure legislative per conferire carattere d’illecito penale al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della propria posizione, ossia di compiere, o di astenersi dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi, al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un’altra persona o entità". "È, nella sua essenza incriminatrice, quanto contenuto nel nostro articolo 323 c.p. che può al limite esser modificato ma certamente non abrogato".

"In merito al secondo fattore esplicitato, occorre riferirsi in primis alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose che affliggono la pubblica amministrazione italiana. "In questo frangente in Italia mancano i filtri delle verifiche e dei controlli". "Manca la prevenzione". Abrogare in toto il delitto di abuso d’ufficio – che è bene ricordare esiste quasi tutti gli altri Paesi europei – esporrebbe l’Italia "al rischio di maggiori infiltrazioni mafiose e corruzioni  proprio nel momento in cui la Nazione si appresta a utilizzare i fondi del Pnrr".

"La fattispecie incriminatrice è da affinare nei suoi aspetti descrittivi e normativi ma a mio parere non è assolutamente da abrogare".

Così Vincenzo Musacchio a Rai Radio Tre e in un intervento all’Università di Roma "Tor Vergata".



Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.