Una sentenza che merita un cenno di commento. Aumentano i casi di aggressioni a medici a infermieri. La giurisprudenza è intervenuta e ha delineato la possibilità di individuare una responsabilità a carico del datore di lavoro pubblico o privato che, non garantendo l’incolumità del lavoratore, concorre a generare situazioni che agevolano fenomeni di aggressione da parte di pazienti o dei loro familiari.

In particolare, la sentenza 14556/17 della Corte di Cassazione, riguardo al caso di un infermiere aggredito mentre prestava servizio al Pronto Soccorso che aveva chiesto la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico, morale e professionale, ha stabilito che spetta al datore di lavoro “l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell’evento medesimo”.

Quindi il lavoratore che lamenti di aver subìto, un danno alla salute a causa del lavoro, ha l'onere di provare l'esistenza del danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra i due.

Poi sarà compito del datore di lavoro dimostrare di aver fatto tutto il possibile, adottando i mezzi più adeguati per evitare le possibili aggressioni La responsabilità dell’Azienda Sanitaria, quindi, è una conseguenza della mancata protezione del lavoratore che non si riscontra solo nell’applicazione delle norme di sicurezza previste dalla Legge, ma anche nella prevenzione legata alla specificità e peculiarità di alcune mansioni lavorative.