"Ieri è uscita la relazione dei tre periti chiamati a valutare le condizioni del ponte Morandi. Ci sono tante cose all'interno della perizia che mettono i brividi, ma una in particolare: la mancanza per 25 anni di interventi significativi di manutenzione, praticamente da quando la competenza ha smesso di essere dello Stato.

È inaccettabile e bisogna avviare al più presto il procedimento di revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia. Il nostro compito è anche quello di fare capire, a questi signori, che il governo adesso li controlla, per impedire che il profitto prevalga sul bene collettivo. Questo è il miglior modo per onorare le vittime della tragedia di Genova. E il governo unito su questo è la migliore risposta che possiamo dare alle loro famiglie".

Questo Di Maio comunicava venerdì via social, anche se non è chiaro in che veste, se di capo politico dei 5 Stelle o in quella di ministro.

I tre periti nominati dal giudice hanno dato un parere di parte sulla gestione del Ponte Morandi che, come accade in questi casi, non è stato condiviso da Autostrade e dalla sua controllante, Atlantia.

Ma quello che fa rimanere perplessi dalle parole di Di Maio è il fatto che non si renda conto che la battaglia da lui messa in atto per la revoca della concessione della rete autostradale ad Atlantia è sbagliata nei tempi e nei modi, finendo oltretutto per dimostrare, semmai ce ne fosse stato bisogno, l'inadeguatezza dell'ex bibitaro campano nello svolgere i numerosi e gravosi compiti che si è assunto.

In quella revoca, oltretutto, Di Maio sembra aver dimenticato che la concessione ad Aspi riguardava opere dello Stato su cui il Ministero dei Trasporti doveva vigilare. Nel caso di responsabilità di Autostrade nella manutenzione delle opere, va da sé che lo stesso Stato italiano finirebbe per essere chiamato in causa.

Si prospetta, pertanto, un guazzabuglio legale che da contenzioso amministrativo si trasformerà in contenzioso civile, mentre quello di carattere penale sta per iniziare a breve.

Chiunque avesse a cuore la buona amministrazione, a parte le ovvie dichiarazioni di circostanza, avrebbe rimandato al futuro certe dichiarazioni e, soprattutto, certe decisioni, in modo da avere un quadro della situazione che potesse far sì che certe scelte fossero inappellabili e inattaccabili.

Ma pretendere questo da un personaggio come Di Maio è pura fantascienza, non solo perché non è dotato della cultura e dell'intelligenza minima necessaria per occupare gli incarichi pubblici che si è assegnato, ma non è dotato neppure di quella furbizia e di quell'istinto politico che, perlomeno, avrebbero potuto compensare e controbilanciare le sue gravi lacune.

Così, l'Italia deve assistere allo spettacolo di un leader politico e pluriministro che da una parte si agita per strombazzare ai suoi sempre più ridotti sostenitori che lui ha dato il via alla revoca della concessione ad Atlantia, mentre dall'altra - allo stesso tempo - si agita per strombazzar loro di aver risolto la vicenda Alitalia, grazie all'intervento in extremis della stessa Atlantia.

Pertanto, secondo Di Maio, alla stessa società che lui afferma di non essere stata in grado di condurre la gestione della parte di rete autostradale cha ha avuto in concessione dallo Stato italiano per gravi lacune che hanno portato al crollo del Ponte Morandi, lo stesso Stato italiano che lui amministra le assegna però una quota nella gestione di Alitalia per controllare così un centinaio di aerei e migliaia di voli ogni anno.

Non certo una bella pubblicità per Alitalia e Atlantia, che oltretutto gestisce anche degli scali aeroportuali in Italia e in Francia, senza dimenticare il problema maggiore costituito dal fatto che uno come Di Maio che apparecchia queste assurde situazioni che vanno al di là di ogni logica, possa ancora continuare ad amministrare questo Paese.