Per il terzo anno consecutivo, l’Italia ha superato i limiti di emissione di CO2 stabiliti dall’Unione Europea, confermando una tendenza critica che rischia di costare al Paese sanzioni miliardarie. Nonostante un calo complessivo del -6,8% delle emissioni nel 2023 rispetto all’anno precedente, il settore dei trasporti continua a trainare un pericoloso aumento, raggiungendo +8,2 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, ben oltre i tetti consentiti.
Un fallimento che, secondo le stime del think tank Ecco, potrebbe tradursi in una multa di oltre 25 miliardi di euro per compensare gli obiettivi mancati.
Trasporti e riscaldamento: i grandi responsabili
I dati dell’Ispra 2023 rivelano che i trasporti (28% delle emissioni nazionali) e il riscaldamento degli edifici sono i principali colpevoli dello sforamento. Tra il 2021 e il 2023, l’Italia ha accumulato un eccesso di emissioni pari a 5,5 milioni di tonnellate nel 2021, 5,4 milioni nel 2022 e 8,2 milioni nel 2023, avvicinando progressivamente il Paese ai limiti massimi fissati dall’Ue. Il regolamento Effort Sharing, che impone all’Italia un taglio del 43,7% delle emissioni entro il 2030 (rispetto al 2005) per settori come trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti, sembra sempre più un traguardo lontano.
La bomba a orologeria delle sanzioni
Il primo controllo di conformità Ue scatterà nel 2025, ma l’impatto economico si materializzerà nel 2027. Per evitare il peggio, il governo dovrà presentare entro fine 2024 un piano di rientro credibile. Tuttavia, come sottolinea Chiara Di Mambro di Ecco, l’Italia non è sola: «Quasi tutti i Paesi Ue, tranne forse la Spagna, sono nella stessa situazione. Dovranno acquistare quote di CO2 sul mercato, e i prezzi potrebbero salire alle stelle». Un meccanismo che rischia di trasformarsi in un salasso per le casse pubbliche.
Il dilemma automotive: elettrico vs. posti di lavoro
Al centro del dibattito c’è il settore automotive, che in Europa impiega 13 milioni di persone e contribuisce al 7% del PIL comunitario. Bruxelles spinge per una transizione verso l’elettrico, in linea con il Green Deal, ma i produttori e i partiti conservatori chiedono maggiore flessibilità per proteggere l’industria. La premier Giorgia Meloni si è unita al coro, chiedendo addirittura una sospensione del Green Deal per l’auto in risposta ai dazi statunitensi, definendolo un rischio per la competitività.
Verso un futuro incerto
Il nodo è complesso: come conciliare gli obiettivi climatici con la salvaguardia economica? La Commissione Ue, con il piano di salvataggio auto di Ursula von der Leyen, punta sull’elettrificazione, ma senza una strategia chiara per riconvertire la filiera, il rischio è di lasciare indietro interi settori. Intanto, l’Italia deve agire in fretta: servono investimenti in mobilità sostenibile, efficienza energetica degli edifici e politiche industriali innovative. Senza un cambio di rotta, il conto da pagare potrebbe essere salato, sia per il clima che per l’economia.
La partita è aperta, ma il tempo a disposizione sta per scadere.