Nel dipinto di Raffello vediamo Platone (raffigurato con il volto di Leonardo) che punta il dito verso l'alto, propugnando le sue idee sulla realtà idealistica, e accanto a lui l'allievo Aristotele che invece tende la mano a indicare la realtà materialistica. Discutevano le loro ipotesi.

Se vi ricordate avevo già parlato di dialoghi onesti e intelligenti. Ora vorrei affrontare con voi un altro importante aspetto del confronto, che possiamo considerare sia come premessa a quel ragionamento, sia come sintesi di una qualità imprescindibile per instaurare un qualsiasi confronto onesto.

Non possiamo trovare nessuna verità se non mettiamo in discussione le certezze. Ma nulla può essere messo in discussione se manca la coerenza logica e non si fornisce un tema razionale in grado di vincere ciò che viene messo in discussione.

Nel libro settimo de “La Repubblica”, che non c'entra nulla col quotidiano omonimo, Platone trattava in parte la teoria della conoscenza. Narrava la famosa allegoria della caverna: un caposaldo del pensiero che cerca soluzioni nel vincere l'opinione con la verità.

Anche se vi consiglio di leggere l'originale, il metodo più semplice per comprendere ciò che voleva dirci Platone lo troviamo semplificato in decine di interpretazioni letterarie, teatrali e cinematografiche, che si sono proprio ispirate ad esso. Per esempio il film “Matrix”, oppure “The Truman Show”, in tema di cinema. Matrix è forse il più coerente rispetto al mito della caverna, infatti in entrambi si parla di soggetti che credono di vivere la realtà, che però è solo una finzione; e soggetti che scoprono cosa sia davvero la realtà, e provano a convincere chi vive nella finzione.

In Matrix c'è un mondo perfettamente identico a quello che tutti viviamo oggi, e che rappresenta questa indiscutibile realtà. Ma a un certo punto qualcuno scoprirà che un tempo ci fu una guerra tra l'uomo e le macchine, create dall'uomo stesso. Vinsero le macchine. Però un cataclisma impedì alle macchine di alimentarsi tramite l'energia solare. Così decisero di usare l'energia bioelettrica corporea degli essere umani, e ne fecero delle “pile umane”. Iniziarono a “coltivare” la razza umana in incubatrici, collegando i loro cervelli a un programma informatico che ricreava un mondo virtuale esattamente come siamo abituati a viverlo. In tal modo gli esseri umani potevano dormire beatamente e ignari di vivere il sogno programmato dalla macchine, mentre i loro corpi fisici giacevano nelle incubatrici alimentando le macchine stesse. 

Grosso modo è lo stesso tipo di narrazione che Platone faceva considerando invece dei prigionieri in una caverna buia.

In Matrix, come nella caverna, c'è dunque chi scopre la verità. Ma quando prova a raccontarla a chi vive nella finzione, ossia convinto che la sua sia l'unica realtà possibile, egli non viene creduto. E' deriso; addirittura combattuto per la stoltezza delle sue fantasie. L'opinione dei molti riesce a vincere la verità dei pochi. Questa è la morale, e questo il dilemma, o meglio: il ragionamento che Platone compiva in maniera articolata per stabilire una linea che dall'opinione potesse condurre alla coscienza della verità, ma senza dover subire grossi traumi.

L'insegnamento da trarne è fondamentalmente di due tipi.

Il primo riguarda chi è portatore di verità, e dovrebbe provare a vincere l'opinione chi ritiene di possedere già quella verità. Se gliela spiattella semplicemente in faccia non avrà speranza nell'essere creduto; egli, invece, avendo raggiunto ulteriori frammenti di consapevolezza deve comprendere subito quanto sia labile il confine tra l'opinione, prima ritenuta verità, e la nuova verità trovata. E dovrebbe considerare quest'ultima come “opinione aggiornata” e mai verità definitiva, e infine sforzarsi nel trovare il modo migliore e meno traumatico di comunicarla.

Il secondo riguarda chi invece riceve la verità, ma non ne sente alcun bisogno poiché convinto che la propria opinione sia già verità. Dovrà cambiare necessariamente atteggiamento, sentire anzitutto il bisogno di qualunque nuova informazione e mantenere la mente aperta a tutte le possibilità, anche le più ignote e imponderabili. Questo purché vi sia plausibile fondamento nella concreta esposizione e coerenza logica della nuova verità.

Mettendo in relazione entrambi gli atteggiamenti ne consegue il corollario di ciò che oggi chiamiamo: ONESTÀ INTELLETTUALE, ossia l'argomentare in maniera onesta, corretta e puntuale, e porsi all'ascolto in maniera altrettanto onesta, attenta e aperta. Alternandosi in questi due ruoli nel rispetto dei tempi e dei modi richiesti dal confronto e dalla complessità dell'argomento, senza mai opporsi ad esso distorcendo appositamente i concetti e attaccando punti deboli personali ancorché quelli legittimi del discorso.

In fondo non ci vuole molto per capire le apparenti complessità filosofiche, e occorre ancora meno per metterle in pratica. Solo buona volontà e il completo abbandono di testardaggini, egoismi e narcisismi. Il più dello volte si tratta di cambiare prospettiva, punto di vista, e idee sbagliate, e non è certo un radicale cambiamento che sconcerta e sconvolge l'esistenza, come raccontava Platone o la serie fantascientifica di Matrix.



base foto: Dipinto di Raffaello (1509), pubblico dominio