Negli ultimi giorni è tornata al centro del dibattito pubblico l’idea di trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), un tema che potrebbe portare a una svolta epocale per il sistema sanitario italiano. A guidare questa possibile riforma, il Ministro della Salute Orazio Schillaci, che, secondo indiscrezioni, starebbe lavorando a un piano in collaborazione con alcune regioni.
Il piano prevede due punti principali: l’istituzione di una scuola di specializzazione per i medici di famiglia, sostituendo gli attuali corsi regionali, e l’inserimento immediato dei nuovi medici come dipendenti del SSN. Per i medici già in servizio, invece, rimarrebbe la possibilità di mantenere il regime di convenzione, ma con l’obbligo di garantire un minimo di 14-16 ore di presenza nelle strutture territoriali, in particolare nelle Case della Comunità, pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
Questa proposta ricalca quella già presentata dall’ex Ministro Roberto Speranza, rimasta incompiuta a causa della fine del governo Draghi. Le prossime settimane potrebbero essere decisive per chiarire i dettagli del progetto.
La situazione attuale evidenzia una crisi profonda nella medicina generale, in corso ormai da due decenni. Tra il 2002 e il 2022, il numero dei medici di famiglia è sceso da 46.907 a 39.366 (-16%), senza un adeguato ricambio generazionale.
Oggi, il 72% dei medici di medicina generale ha oltre 27 anni di anzianità, una percentuale che nel 2002 era solo del 12,5%. Questo invecchiamento della forza lavoro ha portato a un aumento del carico per i professionisti: il numero medio di pazienti per medico è passato da 1.100 a 1.301, con quasi il 50% dei medici che supera il limite massimo di 1.500 pazienti (in Lombardia, la percentuale arriva al 70%).
Le ragioni di questa situazione sono molteplici. Tra queste:
- Cambiamenti sociali: L’avvento del web e il fenomeno “Dr. Google” hanno cambiato il rapporto medico-paziente.
- Carico burocratico: Crescita esponenziale di documentazione e pratiche amministrative.
- Scarso appeal della professione: I giovani medici considerano la medicina generale un ripiego, anche a causa delle borse di studio meno competitive rispetto alle specializzazioni universitarie e della mancanza di tutele come malattia e tredicesima.
- Immagine deteriorata: Episodi di aggressioni e critiche hanno minato l’autorevolezza della categoria, accentuate durante la pandemia da Covid-19.
La pandemia ha esacerbato le debolezze del sistema sanitario territoriale. Le critiche ai medici di famiglia, accusati di non essere stati presenti nei momenti critici, hanno messo in evidenza la necessità di riformare il settore. Tuttavia, non si può ignorare il sacrificio di molti professionisti, che hanno perso la vita per curare i pazienti.
Le Case della Comunità, progettate per rafforzare l’assistenza territoriale, stentano a decollare: solo il 30% di quelle previste dal Pnrr è attualmente operativo, complice la mancanza di personale e risorse.
L’idea di rendere i medici di famiglia dipendenti del SSN è una possibile soluzione, ma presenta molte incognite:
- Rapporto fiduciario: La relazione diretta tra medico e paziente è un pilastro della medicina generale e non deve essere compromessa.
- Aree disagiate: Garantire l’assistenza nelle zone meno servite richiederà un’attenta pianificazione.
- Costi e transizione: Sarà necessario un investimento significativo per gestire il passaggio, oltre a una revisione del ruolo di enti come l’Enpam.
- Comunicazione ai cittadini: I pazienti, spesso poco informati, dovranno essere guidati per comprendere le nuove modalità di accesso ai servizi.
La trasformazione della medicina generale richiede un approccio equilibrato e una visione a lungo termine. È essenziale evitare che il dibattito si riduca a uno scontro ideologico e affrontare la questione con pragmatismo.
La strada verso una sanità più efficiente e vicina ai cittadini passa anche dalla valorizzazione dei medici di famiglia, che devono tornare a essere un punto di riferimento per la salute pubblica. La riforma annunciata potrebbe rappresentare un passo decisivo, ma sarà cruciale monitorarne l’implementazione e i risultati sul campo.