Vincenzo Petrosino - oncologo chirurgo- Salerno 

Si continuano a trovare soluzioni " toppe " per la carenza cronica dei medici  di medicina generale. Purtroppo bisognerebbe invece incentivare i giovani medici ad avvicinarsi a questa non semplice disciplina.  Il medico di medicina generale deve avere una conoscenza della medicina a 360 gradi, ma non basta.... Il medico di medicina generale con il tempo impara a passare da una routine prescrittiva semplice ad una malattia rara.

E' davvero diverso rispetto alla routine importante ma spesso settoriale di uno specialista . Deve conoscere un pò tutti i farmaci, gli effetti collaterali, il loro uso quotidiano.

Il medico di medicina generale sviluppa con il tempo una vera e propria elasticità mentale che gli consente spesso di traslocare mentalmente  dalla diagnosi di un semplice foruncolo a un  problema cancro o malattia rara. Spesso diventa un riferimento negli anni per le famiglie, anche un " confessore come si raccontava ". 

Purtroppo i medici di medicina generale non hanno ferie pagate, non hanno la tredicesima, non hanno la possibilità di prendersi un giorno di malattia se non pagando un sostituto introvabile. Alla fine in età pensionabile non ha alcuna liquidazione. 

Vogliamo risolvere il problema tenendo questi medici fino all'età di 73 anni?

Questa sarebbe la soluzione? 

Vogliamo incentivare i medici caricandoli con norme, burocrazia e presenze in case di comunità e magari H24 ? 

Temo caro ministro e politici vari che realmente non avete capito nulla e chissà chi vi fornisce questi " folli consigli ". 

L'innalzamento dell’età pensionabile dei medici di famiglia a 73 anni, contenuto in un emendamento al decreto del 14 marzo n. 25 e approvato dalla Camera, si configura come una misura emergenziale più che una risposta efficace e duratura alla crisi della medicina territoriale.

A sottolinearlo è Claudio Cricelli, presidente emerito della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), che avverte: questa scelta non risolverà il problema strutturale della carenza di medici nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN), soprattutto alla luce della cosiddetta “gobba pensionistica” in arrivo nei prossimi anni.

Secondo le stime, tra il 2025 e il 2027 saranno circa 7.300 i medici di base che raggiungeranno i 70 anni, l’attuale soglia per il pensionamento. L’estensione a 73 anni appare come un tentativo di tamponare l’emorragia, ma resta incerta la sua reale efficacia: non è affatto scontato che i medici decidano di rimanere in servizio oltre i 70. Molti, evidenzia Cricelli, intendono comunque andare in pensione al limite attuale. Inoltre, non sono stati chiariti gli effetti della norma sul piano pensionistico: se si continua a lavorare, è logico aspettarsi un aumento dell’assegno previdenziale, ma questa correlazione non è ancora stata definita.

Il problema di fondo è chiaro: la programmazione degli anni scorsi è stata fallimentare. Si è trascurato l’andamento demografico e l’effetto a lungo termine dei pensionamenti, arrivando impreparati a gestire il ricambio generazionale tra i medici di famiglia. Il risultato è che oggi si ricorre a soluzioni tampone, senza una strategia lungimirante. Tuttavia, Cricelli guarda anche oltre: con la progressiva uscita dei medici attualmente in servizio e la riduzione della popolazione, nel medio-lungo termine il rapporto tra domanda e offerta potrebbe tornare a essere equilibrato.

Sul tavolo resta anche il tema spinoso della riforma della medicina generale, con l’ipotesi del passaggio dei medici di famiglia a una forma di dipendenza diretta dal SSN. Ma anche qui, secondo Cricelli, non ci sono proposte concrete. E comunque, spiega, cambiare il tipo di contratto non basta: non è lo status giuridico il nodo centrale, bensì la necessità di costruire un nuovo modello organizzativo, con risorse adeguate e obiettivi chiari. Senza una visione strutturata, nessuna riforma reggerà.

Infine, un’altra illusione da sfatare riguarda le Case di Comunità, viste da molti come la panacea per la medicina territoriale. “Non bastano”, dice Cricelli. Se non si valorizzano gli studi dei medici di famiglia, veri presìdi di prossimità sul territorio, la risposta ai bisogni dei cittadini resterà inefficace. Le Case di Comunità possono essere utili come hub specialistici, ma devono integrarsi con una rete diffusa e capillare.

In sintesi, alzare l’età pensionabile può forse rallentare l’emorragia, ma non cura la malattia. Servono riforme vere, risorse e una visione politica che non si limiti a posticipare i problemi.