La carenza di infermieri in Italia non è solo una questione numerica, ma un sintomo di dinamiche strutturali che minacciano la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Con un rapporto infermieri-abitanti tra i più bassi d'Europa, stipendi inadeguati e un'emorragia di professionisti verso l'estero o altre carriere, il sistema sanitario rischia di non reggere l'impatto dell'invecchiamento della popolazione e degli investimenti del PNRR. A lanciare l'allarme è Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, durante il 3° Congresso Nazionale Fnopi di Rimini.  

Nel 2022, il personale infermieristico in Italia contava 302.841 unità nel pubblico e 34.828 nel privato, con una media di 5,13 infermieri ogni 1.000 abitanti. Un dato lontano dalla media OCSE (9,8) e UE (9), con picchi negativi al Sud: la Campania registra 3,83 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro i 7,01 della Liguria. Il rapporto infermieri/medici (1,5 vs 2,7 OCSE) conferma uno squilibrio sistemico. «Oltre 60.000 infermieri lavorano come liberi professionisti o in cooperative, diventando forza lavoro “strutturale” ma precaria per il SSN», sottolinea Cartabellotta.  

Tra il 2020 e il 2022, 16.192 infermieri hanno lasciato il SSN, con un picco di 6.651 nel solo 2022. Ancora più allarmanti le 42.713 cancellazioni dall'Albo Fnopi negli ultimi quattro anni (10.230 nel 2024), dovute a pensionamenti, trasferimenti all'estero, burnout o abbandono della professione. «Ogni anno perdiamo oltre 10.000 unità, aggravando carichi di lavoro e condizioni di chi rimane», avverte Cartabellotta.  

Oltre il 27% degli infermieri nel SSN ha più di 55 anni, e un ulteriore 22% è nella fascia 50-54. «La “gobba pensionistica” preannuncia una crisi senza ricambio generazionale», spiega il Presidente. Senza interventi, il picco dei pensionamenti nei prossimi anni potrebbe paralizzare interi reparti.  

Nel 2022, la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari (a parità di potere d'acquisto), quasi 10.000 in meno della media OCSE. Dal 2001 al 2019, i salari sono diminuiti dell'1,52%, nonostante responsabilità e carichi di lavoro aumentati. «Una svalutazione professionale inaccettabile», denuncia Cartabellotta.  

Nel 2022, l'Italia ha sfornato solo 16,4 nuovi infermieri ogni 100.000 abitanti, contro i 44,9 dell'OCSE. Il crollo del rapporto domanda/offerta nei corsi di laurea (da 1,6 pre-pandemia a 1,04 nel 2024) segnala una professione sempre meno attraente per i giovani.  

Entro il 2050, gli over 65 saranno il 34,5% della popolazione, con bisogni assistenziali in crescita esponenziale. Per realizzare le Case di Comunità e l'assistenza domiciliare previste dal PNRR, servono 20.000-27.000 infermieri specializzati. «Senza di loro, gli investimenti rischiano di fallire», avverte Cartabellotta.  

Per invertire la rotta, serve un piano straordinario: aumenti salariali, welfare mirato (alloggi a basso costo, agevolazioni sui trasporti), sicurezza sul lavoro, riforme organizzative e formazione avanzata. «Dobbiamo motivare i giovani e trattenere chi c'è, valorizzando competenze e tecnologie come l'intelligenza artificiale», conclude Cartabellotta.  

La crisi infermieristica è un'emergenza nazionale che richiede risposte immediate. Senza interventi strutturali, il SSN rischia di collassare, lasciando indietro i più vulnerabili. La posta in gioco non è solo la qualità delle cure, ma l'equità stessa del sistema sanitario nazionale.