«Una bella segreteria, con donne, giovani, gente di esperienza, tutti appassionati e amanti della bella politica. Con la segreteria si compie un altro passo dopo il congresso e le elezioni europee e amministrative per la costruzione dell'alternativa.

Con il lancio dei forum apriamo il partito a settori nuovi e vivi della società. Ora organizzeremo i dipartimenti: sono aperto al confronto e mi auguro, nel rispetto dell'autonomia di ognuno, si possa allargare il coinvolgimento anche alle sensibilità diverse delle minoranze congressuali».

La soddisfazione di Zingaretti, sopra riportata, non trova però riscontro in quella della corrente renziana, che rappresenta non tanto una diversa sensibilità dell'agire politico del Pd, quanto espressione delle necessità personali di Matteo Renzi di cui indirettamente hanno finora beneficiato i parlamentari a cui a tale corrente hanno aderito.

Per questo, una volta venuto a conoscenza del fatto che Zingaretti non aveva inserito nella segreteria alcun rappresentante di Renzi - almeno non nei ruoli chiave della segreteria politica - l'ex segretario ha dato mandato ad uno dei suoi più fidi scudieri di lamentarsi per quanto accaduto.

Così il capogruppo Pd al Senato, il renzianissimo Andrea Marcucci, ha tuonato: «La segreteria del Pd resa nota da Zingaretti non assomiglia al partito del noi. Vedo un'unica matrice identitaria in un partito che è nato per valorizzare i riformismi. È una scelta che non condivido».

Ma non è solo Marcucci, ovviamente, a non condividere tale scelta. Prima di lui è Renzi, lo stesso che dopo aver fatto le scarpe a Enrico Letta aveva ricordato ai "bersaniani" eletti in Parlamento che se volevano continuare ad avere un futuro nel partito avrebbero dovuto aver ben presente che adesso ne era lui il capo.

Inutile ricordare che i bersaniani, con rarissime eccezioni, di colpo divennero tutti renziani.

Un consenso, quello di Renzi, esteso all'elettorato comprato con 80 euro, ma che lui non è stato in grado di conservare, dilapidandolo a causa delle sue reiterate menzogne, pari solo alla sua incredibile arroganza.

Ad oggi, non avendo un consenso minimo sufficiente per fondare un proprio partito, Matteo Renzi è costretto a rimanere nel Pd, per continuare ad avere, se non un ruolo, almeno un po' di visibilità nella politica italiana.

Finora, Zingaretti aveva usato la mano morbida nei confronti dei renziani, deludendo quella parte di sinistra che voleva che il Pd mettesse in atto, e non solo a parole, l'anima socialista che dichiara di avere, rompendo definitivamente con il passato. Quello della nuova segreteria è un primo timido passo. 

Se Zingaretti vorrà continuare in quella direzione dovrà anche ricordarsi che gente come Calenda con il Pd non dovrebbe avere nulla a che fare... non perché sia responsabile di chissà quali colpe, ma semplicemente perché un partito che si dice socialista non può essere anche liberista o addirittura iper-liberista.

Infine, se Zingaretti si ricordasse anche di dichiarare che il cosiddetto "ma-anchismo" di veltroniana memoria è una boiata pazzesca, allora avrebbe vinto alla lotteria, senza neppure avervi giocato.

Ma, per l'appunto, "se"...