Il Senato, questo mercoledì, si è espresso sulla domanda di autorizzazione a procedere (ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione),  per il reato di sequestro di persona, articolo 605, commi primo, secondo, numero 2, e terzo, del codice penale, nei confronti di Matteo Salvini, che al tempo in qualità di ministro dell'Interno aveva impedito lo sbarco alle persone a bordo della nave Gregoretti, appartenente alla Guardia Costiera.


Perché il rinvio a giudizio di Salvini era da considerarsi dovuto? Lo ha spiegato all'inizio di seduta Emma Bonino (Gruppo Misto) nel suo intervento, elencandone le ragioni dal punto di vista logico, politico e giuridico, rispondendo anticipatamente alle motivazioni espresse dai rappresentanti degli estremisti di destra e non solo, che si sono arrampicati sugli specchi per dimostrare l'indimostrabile.

Questo l'intervento della Bonino:I sostenitori del diniego, a partire dallo stesso senatore, invocano l'articolo 52 della Costituzione e hanno sostenuto che l'interesse costituzionalmente rilevante era quello della difesa della Patria, mentre l'interesse pubblico era la sicurezza dello Stato e la tutela dell'ordine pubblico (per affermare questo, bisogna davvero sfidare il ridicolo), sostenendo che nel caso in esame i confini della Patria erano minacciati da un'unità navale della Guardia costiera italiana, dal suo equipaggio italiano e da 135 naufraghi raccolti in mare. Vogliamo davvero sostenere l'assurdo che la Patria italiana correva il rischio di essere invasa da una nave della Guardia costiera italiana? Io credo che siamo veramente andati al di là di ogni raziocinio. (Applausi dai Gruppi Misto, M5S e PD). Allo stesso modo, vogliamo davvero sostenere che la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini e l'ordine pubblico fossero minacciati da qualche decina di marinai italiani e da un centinaio di naufraghi stranieri che chiedevano di sbarcare, di nessuno dei quali era stata accertata qualunque pericolosità?Come ha opportunamente spiegato l'associazione Italiastatodidiritto in una memoria inviata a tutti voi e di cui ringrazio l'associazione, i motivi di sicurezza nazionale che possono giustificare la violazione della legge penale devono concretarsi in una situazione di reale e attuale pericolo all'integrità dello Stato, alla vita e all'incolumità delle persone e ai diritti costituzionali, cioè in veri e propri stati di necessità.Peraltro, durante gli eventi, il vero interesse che il Ministro dell'epoca ha esplicitato era di perseguire e ottenere la redistribuzione dei richiedenti asilo in altri Stati, cioè non sarebbero mai sbarcati - così dichiarava il Ministro - finché qualche altro Stato straniero non se ne fosse fatto carico. Viene davvero difficile, per non dire impossibile, considerare questo interesse pubblico, dovuto alla ricollocazione dei profughi, costituzionalmente rilevante e comunque preminente rispetto al diritto alla libertà e alla salute. Per sei giorni, infatti, lo sbarco non è stato rallentato, come detto da qualcuno, ma concretamente impedito e condizionato all'accordo di altri Paesi europei; quindi sono stati usati marinai italiani e profughi come leva di pressione per un obiettivo politico, non per difendere la Patria, fatemi il favore.Tra quanti propongono di negare l'autorizzazione a procedere si è diffusa l'idea che occorra difendere l'autorità di Governo, dichiarando insindacabili gli atti politici compiuto dai membri dell'Esecutivo. È un argomento suggestivo, salvo che è privo di fondamento giuridico, perché la disciplina costituzionale non riconosce affatto l'insindacabilità penale dell'operato politico dell'organo di Governo.


Di tutt'altro avviso, quello della senatrice leghista Bongiorno che nel suo intervento, paradossalmente, ha tentato di ribaltare quanto aveva spiegato la Bonino in modo ben più esauriente. Pertanto, gli argomenti del suo intervento sono stati identici a quelli della Senatrice di +Europa, pur con conclusioni diametralmente opposte, ma, a differenza della sua collega, non è riuscita ad essere abbastanza convincente, da nessun punto di vista.

Comico, se non addirittura assurdo e per altri versi irritante, l'intervento di Casini che ha invitato i colleghi a votare (per non mandare a processo Salvini) perché la ruota gira e la prossima volta la stessa sorte sarebbe potuta capitare a loro. Le parole non sono testuali, ma il concetto era questo!


Le incongruenze di coloro che ritengono fosse corretto il sequestro, da parte di Salvini, di una nave militare e delle persone a bordo vengono smascherate anche nell'intervento del renziano Nencini:

Il tema, dunque, non è affatto la ricollocazione dei migranti - la memoria di Salvini punta esclusivamente su questo, che però non è l'oggetto della discussione di questa seduta del Senato - bensì il rifiuto - lo sottolineo - opposto dal Ministro dell'interno, per giorni, di indicare un porto sicuro. Punto e a capo.Ciò non è uguale, ma è diverso dal caso Diciotti, perché nel caso della Gregoretti spettava all'Italia, per norma e condizione oggettiva, indicare il POS. La Gregoretti ospitava migranti salvati in un'operazione che era, dall'inizio, tutta ed esclusivamente italiana.C'è di più. Poco ricordato in quest'Assembla è l'articolo 10 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286. Lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera è condotto presso appositi punti di crisi per effettuare operazioni di rilevamento segnaletico. Bisognava che il cosiddetto decreto sicurezza avesse abolito o modificato questa norma, mentre non lo ha fatto. Pertanto, come si poteva sapere chi fossero i migranti presenti sulla Gregoretti prima dell'identificazione? Erano regolari, signor senatore Salvini, o erano irregolari? Avevano o meno precedenti penali?Ma se non erano stati identificati, come si poteva giungere ad un qualsiasi giudizio su chi fossero? Il Ministro dell'interno, allora come oggi, aveva ed ha soltanto il potere, lo ripeto, di indicare il porto: non altro. In questo caso, senatrice Bongiorno, il Parlamento aveva deliberato, eccome se aveva deliberato e lei temo si trovi, in questo caso, nel Gruppo sbagliato. Le leggo, citando una dichiarazione dell'ex ministro Salvini del 2013: «La Padania è pronta a disubbidire al Parlamento. Abbiamo centinaia di sezioni pronte a essere centri di lotta…». C'è un Parlamento che aveva deciso e c'è un ex Ministro - allora Ministro - che non ha deciso di ottemperare e di eseguire una norma.Viene, in secondo luogo, invocata la collegialità del Governo nella decisione, ma la legge non prevede affatto - ce ne salvi Iddio - che la collegialità renda insindacabili i comportamenti ministeriali. Al limite, ci sarebbe stato un effetto di correità, ma non di cancellazione nella protezione e nella salvaguardia della norma.


E adesso veniamo a Salvini che, giustamente, ha perorato la sua causa, anche utilizzando i suoi figli, dimenticandosi di aver detto in passato che i figli non dovrebbero mai essere strumentalizzati a fini politici... detto fatto!

Io sono sicuro che, se ciascuno di voi oggi in quest'Aula volesse, dovesse e potesse votare in base a quello che ha letto, a quello che è successo e alla realtà dei fatti, la seduta sarebbe già finita. Purtroppo, invece, si lotta ancora per fazioni. C'è bisogno di una cavia? Eccomi. L'unica mia preoccupazione non è per me. Ho le spalle larghe. Se avessi voluto fare qualcosa di più comodo non avrei fatto il Ministro dell'interno per la Lega. Mi spiace per i miei figli, che domani leggeranno sul giornale... (Vivaci commenti dai Gruppi M5S e PD)Probabilmente, chi borbotta non ha un figlio che stamattina, prima di andare a scuola, ha inviato il messaggio: «Forza papà». 

Nel suo intervento, Salvini ha detto di voler andare a processo "per raccontare al mondo e ai miei figli [ancora..., ndr] che queste politiche sull'immigrazione condivise dalla Lega e dal MoVimento 5 Stelle hanno salvato decine di migliaia di vite umane".

Non si capisce però perché uno così attento alle vite dei migranti abbia fatto di tutto e di più per impedirne il soccorso in mare e, una volta soccorsi, abbia cercato di lasciarli sulle navi che li avevano tratti in salvo.


Come spesso capita loro, i leghisti anche oggi non avevano le idee chiare. Salvini nella campagna elettorale per le regionali aveva detto di volersi far processare e nella Commissione per le autorizzazioni a procedere la Lega aveva votato a favore del rinvio a giudizio. Nonostante ciò, in Aula, i leghisti si sono dati da fare per dimostrare l'innocenza di Salvini, come se il Senato fosse un tribunale. Inoltre, sebbene Salvini abbia detto di voler andare a processo, il suo gruppo non ha votato, uscendo dall'emiciclo al momento della votazione.

Il motivo? Per abbassare il quorum e la soglia di maggioranza, portandola da 160 a 130 senatori, sperando in un voto non compatto nelle fila di Italia Viva e Partito Democratico, con eventuali senatori indecisi che avrebbero potuto alla fine esprimersi a favore del "capitano". E' stato dato tempo fino alle 19 per votare! Ma la decisione è arrivata ben prima, con 154 senatori che si sono espressi per il sì, vanificando la "strategia" leghista.

Pertanto, sarà un giudice a stabilire se Matteo Salvini abbia o meno commesso il reato di sequestro di persona ai danni dei migranti a bordo della  nave Gregoretti.