"Noi, i leader del Gruppo dei Sette (G7), approviamo pienamente e sosterremo l’accordo complessivo delineato dal Presidente Biden che porterebbe a un cessate il fuoco immediato a Gaza, al rilascio di tutti gli ostaggi, a un forte e significativo aumento dell’assistenza umanitaria da distribuire a Gaza e una fine duratura della crisi, assicurando gli interessi di sicurezza di Israele e la sicurezza dei civili di Gaza.  Riaffermiamo il nostro sostegno a un percorso credibile verso la pace che conduca a una soluzione dei due Stati. Chiediamo ad Hamas di accettare questo accordo, che Israele è pronto a portare avanti, e invitiamo le Nazioni che hanno influenza su Hamas a contribuire a garantire che lo faccia".

Come dimostra il testo precedente pubblicato ieri da Palazzo Chigi, la pagliacciata relativa all'accordo sul cessate il fuoco a Gaza prosegue. Un accordo di cui ancora non si riesce a comprendere chi sia l'autore e su cui sembrerebbe avere più di un dubbio lo stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che lo ha presentato lo scorso fine settimana.

Si può comprenderlo dall'intervista pubblicata oggi dal Time - rilasciata però il 28 maggio - in cui Biden lascia intendere, non certo tanto tra le righe, che la guerra a Gaza è supportata principalmente dal tornaconto politico di Netanyahu.

Il presidente Usa ipotizza che Netanyahu, che in Israele deve affrontare un processo in cui è imputato in almeno tre diversi episodi di corruzione, potrebbe allungare la durata del conflitto per rimanere al potere.

Alla domanda se pensasse che Netanyahu stesse prolungando la guerra per sue ragioni personali, Biden ha risposto: " Non ho intenzione di commentarlo. Ci sono però tutte le ragioni per cui l'opinione pubblica dovrebbe trarre tale conclusione".

Biden ha anche detto che il suo principale disaccordo con il primo ministro israeliano, che ha a lungo rifiutato di prendere in considerazione una soluzione a due Stati, è "cosa debba accadere dopo la fine della guerra a Gaza".

La proposta di accordo di cui Stati Uniti e Israele si rimpallano la stesura è solo un colpo di teatro da parte di Biden per cercare di recuperar punti nei sondaggi delle intenzioni di voto in quella parte di elettorato che, proprio a causa del genocidio commesso dalla Stato ebraico ha già da tempo annunciato che alle prossime presidenziali non lo voterà.

A dar ulteriore corpo alla pagliacciata organizzata da Biden, la notizia che, con il placet di Washington, lo Stato ebraico acquisterà un terzo squadrone di caccia stealth F-35 dalla Lockheed Martin, per un valore di 3 miliardi di dollari, che porterà a 75 il numero dei quegli aerei nella flotta israeliana. Gli Stati Uniti hanno firmato ufficialmente una lettera d'intenti per 25 caccia, che inizieranno a essere consegnati a partire dal 2028 a un ritmo da tre a cinque all'anno. Non male per un Paese accusato di aver commesso crimini di guerra e genocidio! 

E a far ritenere una barzelletta l'accordo presentato da Biden, le  nuove stragi commesse dall'IDF nell'area di Bureij, un campo profughi nella zona di Deir el-Balah, nel centro della Striscia poco a sud del Wadi Gaza, dove gli israeliani continuano a radere al suolo le abitazioni dei civili.

Non solo. Ormai è quasi certo che Israele vuole invadere il Libano. A far ritenere tale decisione come già presa non sono tanto le esternazioni social dello sguaiato ministro Itamar Ben-Gvir, che oggi ha chiesto che Israele dichiari guerra a Hezbollah, quanto quelle del capo dell'esercito israeliano, il maggiore generale Herzi Halevi che ha detto che per Israele si sta avvicinando il momento di in cui dovrà prendere la decisione di effettuare un'offensiva nel nord, per la quale l'esercito si è preparato con un lungo addestramento.

Hezbollah ha risposto affermando che un'espansione della guerra nel sud del Libano produrrà devastazione, distruzione e sfollamenti in Israele.

Con queste premesse come possano essere minimamente credibili le nuove dichiarazioni di Kirby sui colloqui in corso per un cessate il fuoco a Gaza è logico chiederselo.

Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è sul tavolo un'ennesima bozza di risoluzione sulla situazione a Gaza proposta dall'Algeria e sono in corso sforzi diplomatici "molto importanti" per un accordo sul testo, che però non sembra, nell'immediato, che possano far sperare nel raggiungimento di una qualche soluzione.

Intanto a Gaza il genocidio continua... come prima, più di prima.




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