Nell'intervista al programma "Meet the Press", in onda sulla tv statunitense NBC, Volodymyr Zelensky, oltre a ringraziare la Camera per l'approvazione del pacchetto di aiuti militari a Kiev, seppur arrivata con mesi di ritardo, ha invitato il Senato a fare in fretta la sua parte in modo da poter ricevere quanto prima le armi tanto attese:

"Abbiamo aspettato sei mesi, ma non siamo rimasti con le mani in mano, abbiamo combattuto tutti insieme. Vorrei ringraziare tutta la nostra squadra e tutta la squadra degli Stati Uniti d'America che hanno fatto di tutto per garantire una decisione positiva. Sicuramente ci aiuterà molto. Credo che questo sostegno rafforzerà effettivamente l'Ucraina e le forze armate", ha detto Zelenskyy.

Due le considerazioni su quanto detto dal presidente ucraino che meritano una riflessione. La prima riguarda il fatto che con il nuovo invio di armi Zelensky ha ripreso a parlare di "vittoria". La seconda riguarda la tipologia di armi che dovrebbe ricevere, dando l'impressione che neppure lui sappia quali potranno essere. 

Per questo chiede di avere gli ATACMS, missili strategici che hanno una gittata di almeno 300 Km, con la precisazione che "il motivo per cui stiamo perdendo è perché non abbiamo armi a lungo raggio adeguate". 

Un altro aspetto da sottolineare è che, secondo fonti militari, la nuova fornitura di armi consentirà a Kiev solo di ripristinare le scorte ormai esaurite, per difendere in tal modo i confini a est e a sud dell'Ucraina, fermando l'avanzata russa senza dover ricorrere al sacrificio dei propri soldati. Pertanto come Zelensky possa parlare di vittoria, termine che si accompagna a controffensiva, è razionalmente inspiegabile. 

Ed in base a quanto sta accadendo, il futuro del conflitto in Ucraina potrà avere due evoluzioni: una situazione di stallo che, paradossalmente, non mette in difficoltà la Russia (e neppure l'America), ma unicamente Ucraina ed Europa, oppure un'escalation che finirebbe per coinvolgere la Nato in una guerra totale le cui conseguenza è facile immaginare.

Di dialogo, trattative e pace, nessuna delle parti in conflitto sembra voler parlare.