Negli ultimi giorni i mercati azionari sono praticamente crollati in risposta all'intenzione di Trump di imporre dazi indiscriminati a tutti i Paesi... comprese pure un paio di isole abitate da pinguini e trichechi!
Al momento, il Paese destinatario dei dazi doganali più elevati è la Cina, dopo che mercoledì, a mezzanotte, gli Stati Uniti hanno imposto su tutti i prodotti provenienti da quella nazione una tariffa del 104%. Pechino, che in precedenza aveva già risposto ai dazi di Trump replicandone l'importo sulle merci provenienti dagli USA, oggi ha reagito aumentando l'imposta doganale dell'84%.
Difficile capire quale sia la strategia di Trump, visto che le sue scelte - secondo quanto affermano gli economisti di tutto il mondo che si possano fregiare a buon diritto di tale titolo - ha solo conseguenze negative, in primo luogo per gli stessi Stati Uniti, che finora registravano piena occupazione, che vedono all'orizzonte il rischio concreto di crescita dei prezzi e recessione.
Chi vuole trovare un senso nel modus operandi trumpiano lo spiega con il possibile ricatto a cui il presidente americano sottoporrà tutti coloro che andranno a "baciargli il culo" (sue parole): riduzione o eliminazione dei dazi solo a chi acquisterà il debito pubblico americano.
Una scelta politica che può spiegare quanto accaduto a Netanyahu a inizio settimana. Il premier dello Stato ebraico, prima di partire per Washington, aveva eliminato qualsiasi imposta doganale sulle importazioni dagli USA (riguardava solo l'1% delle merci). Nonostante ciò, "Bibi il delinquente" è dovuto tornare a Tel Aviv con le pive nel sacco, perché il suo amico, pure lui criminale, non gli ha tolto il 10% di dazi che aveva applicato per default anche a Israele.
Trump - a meno che sia realmente così - vuole difendere il debito pubblico degli USA, ma la fiducia nell'economia statunitense sta crollando e gli investitori stanno vendendo il debito pubblico statunitense a causa delle crescenti preoccupazioni circa l'impatto dei dazi. Mercoledì il tasso di interesse dei titoli di Stato statunitensi è aumentato bruscamente, toccando il livello più alto da febbraio, pari al 4,5%.
La vendita delle proprie obbligazioni rappresenta un problema cruciale per la più grande economia del mondo. Sebbene il tasso sia rimasto invariato rispetto a un paio di mesi fa, negli ultimi giorni i tassi di interesse sui prestiti statunitensi con scadenza superiore a 10 anni hanno registrato un forte aumento.
Le obbligazioni dovrebbero essere un bene rifugio in periodi di turbolenza, ma la guerra commerciale di Trump sta minando il mercato del debito statunitense!
Pertanto, il caos innescato da Trump (nella migliore delle ipotesi) per favorire il proprio debito pubblico, potrebbe essere un boomerang, specialmente nel caso in cui la Federal Reserve non avesse altra scelta se non quella di intervenire con acquisti di emergenza di titoli del Tesoro per stabilizzare il mercato obbligazionario.
Nonostante ciò, in Italia ci sono delle "menti fresche" che ritengono intelligenti e giustificate le scelte economiche di Trump, mentre le borse continuano a navigare in territorio negativo!