«Le conseguenze del livore. E del razzismo. E della cattiveria. E della stupidità.» Con queste parole, Pippo Civati ha commentato la chiusura del centro per rifugiati di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, con il Viminale che ha iniziato i trasferimenti di 305 dei 535 ospiti.

Quello di Castelnuovo di Porto è il centro dove Papa Francesco era andato nel 2016 in occasione del Giovedì santo.  Adesso, in conseguenza della sua chiusura, i bambini ospiti dovranno lasciare le scuole dove erano inseriti, e coloro che avevano avviato percorsi di integrazione rischieranno di finire per strada... come i 120 lavoratori impiegati, tra cui medici, psicologi, mediatori culturali e insegnanti. E tutto a causa del decreto sicurezza. Per loro i sindacati appresteranno un presidio sotto il Ministero del lavoro e dello sviluppo economico a partire dal 24 gennaio.

Ma la società civile, esiste ancora nonostante tutto, non ci sta ed è così scattata la protesta, almeno per esprimere la propria solidarietà nei confronti di persone sacrificate sull'altare della propaganda di Governo.

Castelnuovo di Porto era il secondo centro per rifugiati più grande d'Italia e rappresentava, come a Riace, un sistema di inserimento ed inclusione sociale dei migranti che funzionava e bene.

Per questo, nel pomeriggio di martedì è stata organizzata una marcia silenziosa dalla parrocchia di Santa Lucia in Pontestorto fino al centro per rifugiati, a cui hanno partecipato parroci, gruppi parrocchiali, ragazzi delle scuole dove studiavano i bambini del Cara, volontari, associazioni del territorio, sindacalisti.

401 uomini, 120 donne e 14 bambini titolari di protezione internazionale che lì erano stati accolti saranno trasferiti in altre strutture in Toscana, Umbria e Lombardia, disgregando il lavoro di integrazione e relazioni finora svolto.

Molte di quelle persone, inoltre, rischieranno di finire per strada perché hanno i permessi scaduti e non potranno accedere alla seconda accoglienza, nonostante il ministro Salvini, che si è intestato la titolarità del cosiddetto decreto sicurezza, affermi che lui vuole "togliere gli immigrati dalle strade".

«Dopo tanti anni d’impegno della comunità locale, mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione ben avviati, con la partecipazione di tanti cittadini e volontari della diocesi», ha commentato monsignor Gino Reali, vescovo di Porto-Santa Rufina, contestando anche «il metodo di trasferimento, che non mi pare dignitoso per donne, uomini e bambini che hanno alle spalle storie drammatiche. Quale futuro offriamo a queste persone?»

Sulle polemiche è intervenuto lo stesso Salvini, con la sua solita retorica perentoria che non ammette repliche, basata su una logica dell'evidenza che sembra costruita su fondamenta solide, ma che è meno resistente di un castello di sabbia tirato su in riva al mare. Ecco ciò che ha detto.

«Salvini deporta i bambini, i migranti: balle spaziali. Tutti gli ospiti che erano dentro e che hanno diritto saranno trasferiti con altrettanta generosità, perché se sei qui a chiedere asilo politico, non puoi pretendere di andare a Cortina. Se hai diritto rimani, altrimenti cominciano le pratiche perché tu torni da dove sei arrivato.

Per il centro migranti più grande d'Europa, il Cara di Mineo, avvieremo la stessa procedura. Abbiamo fatto quello che avrebbe fatto un buon padre famiglia. Il Cara di Castenuovo era rimasto il secondo in Italia, in passato aveva accolto più di mille persone.

Si trattava di un palazzo Inail e non c'era alcun tipo di contratto: si pagavano un milione di euro di affitto all'anno più altri 5 per garantire l'accoglienza ai migranti. Si sono intanto ridotti gli sbarchi e dunque siamo arrivati a fare una scelta di normalità.»

Risultato di ciò è che alcune di quelle persone, che non vivevano certo in un albergo di lusso, andranno in altre strutture comunque finanziate ugualmente dallo Stato, insieme a chi vi opera. In compenso, coloro a cui non verrà rinnovato il permesso di soggiorno andranno ad ingrossare il numero di quelli che Salvini diceva di voler togliere dalla strada. E che faranno, senza documenti e senza possibilità di guadagnarsi da vivere?

Andranno a lavorare in nero nei periodi di raccolto oppure inizieranno a delinquere, tra spaccio e piccoli furti, rifugiandosi in complessi abbandonati da cui finiranno per essere scacciati, in un illogico percorso senza fine utile solo ad alimentare la feroce propaganda leghista... pagata dallo Stato e molto più costosa del mantenimento di un centro per rifugiati.