In base alla sentenza numero 4557 pubblicata dalla Quinta sezione della Corte di Cassazione, affidare dei migranti salvati in mare alle "cure" dei guardiacoste libici è reato... perché la Libia non è un porto sicuro.
Tale condotta è punibile perché infrange il Codice della navigazione in tema di "abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci, e di sbarco e abbandono arbitrario di persone".
A seguito di ciò la Cassazione ha confermato la condanna del comandante del rimorchiatore Asso 28 che il 30 luglio del 2018 riportò a Tripoli, consegnandole alle autorità locali, 101 persone soccorse precedentemente in mare.
E adesso?
Adesso c'è un problema grosso come una casa che riguarda in primo luogo l'accordo con la Libia, inaugurato nel 2017 dall'allora ministro dell'Interno Minniti, in base al quale periodicamente vengono inviati milioni di euro al governo di Tripoli per frenare i flussi migratori provenienti dalla Tripolitania, finanziando anche la Guardia costiera libica che opera nel Mediterraneo.
La Libia non è un porto sicuro, sentenzia la Cassazione, perché i migranti sono «sottoposti a trattamenti inumani o degradanti nei centri di detenzione per stranieri». Inoltre, qualsiasi respingimento di massa verso un Paese non sicuro è vietato dalla Convenzione Europea per i diritti umani.
Oltre, a mettere in crisi l'accordo con la Libia, quanto deciso dalla Cassazione potrebbe anche innescare decine di ricorsi da parte di quelle Ong che operano nel Mediterraneo che nel corso degli anni sono state bloccate e sanzionate quando non avrebbero rispettato gli ordini della Guardia Costiera libica.
Da verificare anche possibili ripercussioni sul cosiddetto piano Mattei in relazione ad eventuali accordi con la Libia che riguardassero i migranti. E volendo essere pignoli, non è da escludere che in futuro una sentenza analoga non possa anche essere emessa per la Tunisia, con la quale Italia e Europa hanno siglato un protocollo d'intesa non tanto diverso da quello con Tripoli.
Meno di una settimana fa il ministro dell'Interno Piantedosi, che si era recato in Libia dove aveva incontrato il ministro degli Affari Esteri del Governo di Unità Nazionale libico Al Taher Salem Al Baour e il ministro dell'Interno Imad Mustafa Trabelsi, aveva commentato così l'esito della visita ufficiale:
"La missione in Libia - ha sottolineato il Ministro Piantedosi - si inserisce nelle eccellenti relazioni che abbiamo instaurato con i Paesi dell’area mediterranea, che ci vedono impegnati in un dialogo continuativo e strutturato. Lo scambio di informazioni costante con questi Paesi è testimoniato dall'assiduità dei contatti con i miei omologhi: nei giorni scorsi mi sono recato in Algeria e ieri ho avuto un cordiale colloquio telefonico con il Ministro dell’Interno tunisino per aggiornarci sui flussi migratori.Nel corso della riunione con il Ministro degli Affari Esteri libico si è convenuta l’importanza di una gestione condivisa del fenomeno migratorio con l’Unione europea e con i Paesi di origine dei flussi.In apertura del colloquio con il ministro Trabelsi ho ringraziato il mio omologo libico per l’amicizia e per la collaborazione nelle numerose iniziative in tema di lotta ai trafficanti di esseri umani, che evidenziano dei primi risultati tangibili.In un clima di straordinaria collaborazione, abbiamo condiviso strategie operative, per un avvio immediato dei progetti dedicati ai rimpatri volontari assistiti verso i Paesi di origine".
E sulla sentenza della Cassazione? Piantedosi ancora non ha detto una parola.
Crediti immagine: Sergio D'Afflitto
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