In un era in cui crediamo che le comunicazioni avvengano solo tramite internet e smartphone, non dobbiamo dimenticare che tante cose sono state possibili grazie alla scoperta delle onde radio di Gugliemo Marconi e a chi ha saputo progredire, migliorando e miniaturizzando la tecnologia ai livelli attuali.

 Siamo passati in pochi decenni dalla valvola al nuvistor, dal transistor al fet per arrivare fino al chip.

Come in tante attività umane, anche la radiofrequenza non poteva non avere appassionati ed ecco che nacquero i radioamatori, quelli che comunicavano tra loro e in tutto il mondo dapprima in Am (ampiezza modulata) e  Cw (radiotelegrafia), poi in ssb (single-side-band)  e altri tipi di emissioni più o meno complesse.

Per divenire radioamatori bisognava sostenere degli esami di tecnica scritta e di ricezione e trasmissione dei segnali morse. Il Ministero rilasciava e rilascia tutt’ora una patente, una licenza di esercizio e un  nominativo ad hoc che accompagna tutta la vita il suo possessore.

Non era molto semplice superare questi esami anche se molti erano ex radiotelegrafisti, o ingegneri o periti elettronici o anche solo super appassionati di elettronica.

Negli anni '40-'50-'60  questi radioamatori costruivano le proprie apparecchiature (molti lo fanno ancora). Famosi erano i radioamatori Russi maestri nell’arrangiarsi e che avevano disponibilità di pezzi elettronici a noi sconosciuti fino a qualche decennio fa.

I radioamatori, nella sostanza, erano quello che oggi è rappresentato dalla "rete". Si comunicava tra noi e si scambiavano informazioni... iniziammo ad usare i primi fax, le prime immagini video a scansione (sstv) e poi, con il tempo, le telescriventi e i sistemi digitali.

 I radioamatori non sono e non erano semplici utilizzatori delle onde radio "per chiacchiere tra loro", ma spesso sperimentatori che hanno fornito valide teorie per la propagazione radio, con innovazioni in relative ad antenne e circuiti.

Furono poi inviati in orbita i primi satelliti con trasponder e i radioamatori iniziarono a tramettere e ricevere attraverso questi, anche se altri già nei primi anni '60 sperimentavano tecniche più sofisticate come il  Moon–bounce (earth-moon-earth) . Questa è una tecnica di trasmissione tra appassionati con la quale vengono inviati segnali sulla superficie lunare che poi venivano fatti rifrangere sulla terra (en.wikipedia.org/wiki/Earth%E2%80%93Moon%E2%80%93Earth_communication).

 In realtà diciamo che la luna fa da riflettore (non è però una superficie a specchio) ad un particolare tipo di onde radio che attraversano gli strati dell’atmosfera terrestre e, viaggiando nello spazio, consentono a due appassionati radioamatori, che vedono la luna in quel momento, di entrare in contatto tra loro.

Molto affascinante questa tecnica, (oggi è più semplice perché gli appassionati si danno appuntamento sulla rete… ai tempi era random su frequenze prestabilite e senza computer per fare calcoli)!

Il segnale radio percorre anche oltre 700.000 km nello spazio e viene osservato il suo comportamento, insieme a tante altre variabili.

Questi collegamenti possono essere fatti in radiotelegrafia , in fonia oppure, più semplice oggi, con pacchetti di segnali digitali. Il sistema jt fu messo a punto da un celebre amico radioamatore John Taylor (K1JT) già premio Nobel per la fisica. (www.physics.princeton.edu/pulsar/K1JT/)

Con questo sistema si riescono ad inviare e ricevere segnali dal suolo lunare anche con poche centinaia di watts. Ovvio che stiamo parlando di tecniche sofisticate e questi radioamatori spesso costruiscono da soli tutte le loro apparecchiature. Molti illustri scienziati che sono anche radioamatori spesso conducono esperimenti anche da grossi radiotelescopi di solito su frequenze superiori al GHz.

Siamo lontani ovviamente dalla semplicità di un uso di un computer o cellulare, anzi oggi i computer e i cellulari sono interfacciati con  questa tecnologia che a molti credo sia sconosciuta (www.facebook.com/emeqso).

Vincenzo Petrosino - ( I8KPV ) - Salerno